C’era una volta l’inflazione. Ma domani?

C’era una volta l’inflazione. Ma è stata sconfitta per sempre? Il giro di boa dell’anno Duemila ha fatto, inconsapevolmente, da spartiacque tra due mondi. In quello di prima del cambio di secolo internet era ai primi passi e nessuno immaginava che si potesse arrivare ai social network. E così negli ultimi decenni del secolo scorso l’inflazione era uno dei temi economici di maggior preoccupazione, un’inflazione che è invece praticamente sparita dai radar negli anni più recenti.
Senza internet e magari con i social network in modica quantità non potremmo vivere, senza inflazione si vive molto bene salvo il fatto che la stagnazione dei prezzi va di pari passo con la stagnazione dell’economia e che quindi un rincaro, piccolo e limitato, potrebbe favorire la dinamica dei consumi e quindi dell’occupazione.


In effetti le banche centrali dalle due parti dell’Atlantico stanno da anni cercando, almeno a parole, di far uscire l’inflazione da quota zero con l’obiettivo, considerato virtuoso, non solo di arrivare, ma anche di non superare, quota 2%. Ma le politica monetarie espansive hanno potuto fare poco o nulla di fronte a fattori strutturali che hanno continuato a frenare le economie. L’elenco potrebbe essere lungo: si va dalla frenata demografica nei paesi industrializzati agli effetti delle rivoluzioni tecnologiche, dalle guerre commerciali al dramma, nell’ultimo anno, della pandemia.
Qualcosa tuttavia sembra muoversi nelle ultime settimane. Si è tornati a parlare di rischi di inflazione, non solo moderata, mettendo in fila alcuni elementi non di secondo piano. Un segnale di allarme è stato l’impennata nei rendimenti delle obbligazioni governative americane dopo il varo del piano di interventi per quasi duemila miliardi di dollari varato dalla nuova amministrazione di Joe Biden. Un altro elemento è venuto dall’andamento dei prezzi del petrolio e delle materie prime, indicatore anche questo di una ripresa economica reale o almeno potenziale. Analogo andamento per le materie prime come per esempio il rame che ha toccato quotazione che non vedeva da dieci anni. Per i prodotti agricoli alla borsa di Chicago, dove peraltro non mancano le speculazioni, i prezzi di mais e soia hanno raggiunto i massimi da sette anni. A questo possiamo aggiungere la forte crescita dei noli marittimi e, per non farci mancare nulla, possiamo registrare anche non solo gli aumenti dei prezzi, ma anche le difficoltà di approvvigionamento di particolari tecnici, come i semiconduttori, nelle cosiddette catene del valore per importanti settori industriali come quello automobilistico.
Un indizio è un indizio, dice Sherlock Holmes, due indizi sono un sospetto, tre indizi sono una prova. E quando sono quattro o cinque allora forse bisogna pensare a due effetti rischiosi.
Il primo è l’effetto “spinta”, quello che può avvenire quando si spinge una macchina senza benzina, se la strada diventa in discesa, anche lieve, la velocità può aumentare e la macchina sfuggire al controllo di chi la spinge.
Il secondo è l’effetto “ketchup”: quante volte abbiamo provato a far scendere un po’ di salsa dando qualche colpetto sul fondo della bottiglia e dopo vari tentativi infruttuosi il contenuto esce velocemente in quantità ben superiori a quanto vorremmo.
Ecco, le banche centrali sono nella stessa situazione: continuano a cercare di dare delle spinte più meno forti all’economia. Ma i tempi sanno cambiando e nessuno può sapere se riusciranno a tirare i freni quando la macchina senza guidatore imboccherà la discesa, o quando il ketchup avrà sommerso il nostro piccolo hamburger.

  • habsb |

    Ah! l’inflazione dei prezzi!

    Friedman diceva che é sempre e comunque un fenomeno monetario. Certo da quando la massa monetaria non è più limitata dalla convertibilità oro, e che i governi possono crearne a dismisura, senza limite, abbiamo assistito a una sua crescita esponenziale che si è riportata a volte si’ e a volte no sull’inflazione.

    Non si puo’ parlare di inflazione senza specificare di quali prezzi si parla : l’immobiliare (vedasi la sua crescita dal 1960 ad oggi), gli investimenti finanziari come le azioni (e qui siamo in stato di inflazione permanente, a parte qualche brusca caduta prontamente riassorbita), e i prezzi al consumo.

    Perche’ questi ultimi conoscano un’inflazione, occorre che l’eccesso di moneta venga a trovarsi nelle tasche del consumatore medio o medio basso. Era il caso negli anni 60 e 70, quando le dominanti politiche keynesiane ci avevano regalato addirittura la mitica scala mobile.

    Come si puo’ dire che quella fosse un’epoca di crescita e prosperità ? Fu l’esatto contrario, dato che l’inflazione dei prezzi non puo’ in alcun modo stimolare la crescita.

    Keynes stesso, per chi l’ha letto in originale non ha mai detto che l’inflazione stimoli la crescita, ma da bravo destrorso estremo egli scrisse piuttosto che l’inflazione permette di abbassare i salari reali dei lavoratori (ignoranti) senza che si rivoltino, in modo da rendere più competitiva l’industria.

    Nello stesso tempo l’inflazione, che non è altro che svalutazione monetaria, consente agli stati prossimi al fallimento di rimborsare i loro debiti con moneta svalutata, a gran danno dei fessi che han prestato loro le proprie economie.

    Ed è un vero spasso leggere l’argomento assurdo che l’inflazione stimolerebbe il consumo giocando sulla paura di prossimi aumenti.

    Mi si risponda : se i prezzi non aumentano, non partiamo più in vacanza ? Acquistiamo un’auto per recarci al lavoro, o per vantarci di averla acquistata prima dell’ultimo aumento ? E se invece di aumentare i prezzi scendono, (deflazione), allora non compriamo più ne’ generi alimentari, ne’ materiale informatico, aspettando per mesi o anni la fine della deflazione?

    Si confonde qui il consumatore con lo speculatore! Il consumatore compra quando ha bisogno, e non prima che i prezzi aumentino.

    Oggi poi, con la supply chain mondiale dominata dalla Cina Popolare, dare soldi ai consumatori significa semplicemente farli finire in mano ai cinesi, in modo che possano acquistare sempre nuove imprese occidentali

    Gli errori politici e economici hanno sempre causato la caduta degli imperi e delle civiltà. La nostra civiltà occidentale è in grave pericolo !

  • carl |

    Ripropongo, autocensurato, il commento lasciato ieri, ma non pubblicato. Spero che ora lo sarà…
    Dopo aver superato l’inevitabile indottrinamento universitario ed aver cominciato a pensare con la mia testa, ho sempre considerato l’inflazione uno degli indicatori di quell’intrinseco, peculiare e ricorrente disordine, approccio approssimativo e quant’altro dell’attuale “economia mercato” .
    Più tardi, entrato nel mondo del lavoro, capii come spesso l’inflazione fosse strumentalizzata per stimolare i consumi, cioè gli acquisti per gli uni (quelli davanti al bancone…) e le vendite per gli altri (quelli dietro al bancone..)… Un espediente basato sull’argomento che, detto in soldoni, suonava così: “Affrettati a comprare questo o quel prodotto, sennò lo pagherai di più, magari nominalmente, cioè con soldi svalutati..”.
    Mentre ultimamente forse è entrato in gioco anche il tentativo mirante a generare la “automaterializzazione” del fenomeno in questione e col medesimo succitato obiettivo, stimolare i consumi.

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