La crescita per contrastare la povertà

La lotta alla povertà non può che essere uno degli obiettivi di una società che oltre alla modernità, abbia a cuore anche l’equità e la solidarietà. Ma se l’obiettivo non può che essere condiviso sui mezzi, se non per raggiungerlo almeno per avvicinarlo, le divisioni sono altrettanto immediate, quanto profonde.
Lo dimostrano le discussioni sul reddito di cittadinanza, così come le polemiche che hanno accompagnato le proposte per eventuali nuove tasse patrimoniali. Lo dimostra anche la storia delle teorie economiche che proprio sul tema delle disuguaglianze hanno lasciato spazio a posizioni profondamente divergenti come dimostra l’agile, ma documentato libro di Pierluigi Ciocca (“Ricchi, poveri, storia della disuguaglianza”, Ed. Einaudi, pagg. 170, € 15). Storico dell’economia, già ai vertici della Banca d’Italia dove ha avuto la responsabilità del Servizio studi economici, Ciocca intreccia nel suo racconto tre livelli di analisi: una prima osservazione riguarda il concetto di povertà, per mettere a fuoco quello di cui si sta parlando; un secondo passo è costituito dalla storia della povertà negli ultimi tremila anni, di pari passo con le analisi di politici ed economisti; il terzo livello riguarda le politiche che si potrebbero e dovrebbero fare anche alla luce delle maggiori complessità che derivano dalla pandemia e dalle misure adottate per sconfiggerla.


Ne risulta un’osservazione di fondo secondo cui il contrasto alla povertà è altrettanto necessario quanto possibile. Con scelte adeguate che tuttavia non mirino semplicemente alla redistribuzione. Lo Stato non può diventare Robin Hood, rapinando i ricchi per dare ai poveri, ma deve fare in modo di trovare le risorse necessarie con una tassazione che non soffochi, anzi aiuti le possibilità di crescita e con una politica fiscale capace di trovare nuove risorse nella lotta all’evasione e all’elusione.
Sono rimaste nella storia le parole del premier svedese Olof Palme, leader del partito Socialdemocratico e primo ministro svedese sino al suo, tuttora irrisolto, assassinio: «Noi democratici non siamo contro la ricchezza ma contro la povertà. La ricchezza, per noi, non è una colpa da espiare, ma un legittimo obiettivo da perseguire. Ma la ricchezza non può non essere anche una responsabilità da esercitare».
La ricchezza come responsabilità. Così come la politica come responsabilità. “L’esperienza storica – scrive Ciocca – comprova che un welfare state ben disegnato incide sulla povertà e sulla stessa disuguaglianza. Ciò può avvenire senza limitare i livelli e i tassi di crescita del pil pro-capite e per questo senza dilatare i disavanzi di bilancio e il debito pubblico. Tuttavia ai sistemi di sicurezza sociale occorreranno maggiori risorse anche per far fronte agli oneri derivanti dall’invecchiamento della popolazione e dai flussi migratori”.
Senza dimenticare tuttavia che la povertà non è misurabile solo con i parametri monetari, come nel progetto originario del reddito di cittadinanza. Povertà non è solo una dimensione personale e quindi richiede anche una risposta sul fronte dei servizi come la sanità, l’istruzione, l’abitazione. Una strada certamente più difficile, ma doverosa in una società che voglia offrire a ciascuno tutte le possibili opportunità per una vita dignitosa.