Le colpe di un mercato che non c’è

Lettera al Sole 24 Ore

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Dalla campagna presidenziale in corso negli Stati Uniti emergono due visioni nettamente contrapposte del ruolo dello Stato. I repubblicani insistono sull’idea di small goverment teorizzata in passato anche da molti filosofi conservatori (Nozick, ad esempio) mentre Obama e i democratici sembrano più vicini all’Europa su questo punto. Anche in Europa, del resto, si riflette da tempo su una indispensabile revisione del welfare e sulla riduzione della spesa pubblica con evidenti differenze tra capi di Stato e di governo accentuate dalla crisi. Quanto, a suo giudizio, va salvato del modello dell’economia sociale di mercato di matrice renana? 

                                                                                           Edoardo Poggi, Bologna
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Gentile Poggi, ha ragione, le elezioni americane, quotidianamente analizzate dal Sole 24 Ore, sono un grande spunto per riflettere anche sulla realtà europea. E allora al di là delle ideologie è forse opportuno sottolineare come la riduzione (o almeno un drastico freno alla crescita) della spesa pubblica in Europa appaia senza alternative dato l'alto livello dei debiti degli Stati. Ma non è per nulla automatico che il taglio alla spesa pubblica debba comportare una riduzione del livello di welfare.  Lo Stato sociale va sicuramente aggiornato, ma soprattutto perchè è ancora fortemente sbilanciato con gran parte delle risorse destinate alla previdenza con solo poche briciole per i giovani, le famiglie, la prima occupazione. Tagliare molti costi, come quelli della politica non ridurrebbe i livelli di spesa sociale: abolire le province, dimezzare i parlamentari, ridurre scorte ed auto blu, sospendere benefit e privilegi avrebbe forse un piccolo valore economico, ma un rilevante valore morale. Quanto all'economia sociale di mercato rimane un modello di grande attualità. Ma è un modello ancora incompiuto, soprattutto in Italia dove si è realizzato un costoso, ma comunque efficace, "Stato sociale", ma dove quello che è carente è il mercato, cioè il confronto aperto dei soggetti economici, una vera libertà di iniziativa privata, una severa regolamentazione contro i monopoli e contro i conflitti di interesse, un impegno contro la concentrazione del potere economico e politico, una giustizia efficiente ed equilibrata. Che il mercato abbia molti problemi lo  dimostra la classifica annuale sulla libertà economica Heritage Foundation-Wall Street Journal, di cui l’Istituto Bruno Leoni è partner in Italia, in cui il nostro Paese quest'anno si è fermato alla 92ma posizione arretrando di ben cinque punti rispetto al 2011 per molti elementi tra cui l'alta pressione fiscale, l'incertezza del diritto, la corruzione, la complessità amministrativa. La frenata dell'economia e le difficoltà della ripresa non sono fallimenti del mercato, ma sono conseguenze di un mercato che non c'è.

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Pubblicato sul Sole 24 Ore del 18 settembre 2012

  • luca godino |

    non si può non essere d’accordo. Un mercato appunto che non c’è…mentre è evidente il mal costume del nepotismo, della corruttela, ecc. insomma uno Stato leviatano in cui la produttività quali-quantitativa del lavoro pubblico e privato sembra orientarsi all’interesse del mero tornaconto personale e miope (non oltre il proprio naso), quando invece si dovrebbe guardare all’orizzonte della verde economia portatrice di economie sostenibili, eque e d’interesse generale: ben vengano tutte le agevolazioni per le innovazioni teorizzate da Schumpeter e, poi Keynes…ma non al contrario! cordiali saluti.

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