Le province, commedia e farsa

E' proseguito nei giorni scorsi l'iter del provvedimento di "riordino" delle province. Gli aspetti ancora problematici, come le logiche degli accorpamenti non sono stati per nulla risolti, ma semplicemente rinviati ad una procedura complessa di consultazione e decisione delle Regioni e degli enti interessati. Ma nell'iter parlamentare si è sfiorata la farsa. Era stato annunciato infatti un emendamento, di cui fortuntamente poi nessuno si è voluto assumere la paternità, per "salvare" le province di Terni, Isernia e Matera dato che la loro abolizione avrebbe portato Umbria, Molise e Basilicata ad avere la perfetta coincidenza tra Regione e Provincia. La logica, che alla fine ha vinto solo a metà, vorrebbe che si affidassero a queste Regioni anche le competenze ora provinciali con un sicuro risparmio soprattutto nei costi degli apparati politici. E invece di accorpamento non si parla: resteranno quindi le province, anzi la provincia, anche nelle regioni in cui ce ne sarà una sola. I risparmi promessi rischiano quindi di diventare un sogno. E la vicenda della riduzione delle province continua ad essere una commedia con episodi di disarmante farsa. 

  • GiorgioM. |

    Be la questione dell’abolizione delle provincie ripropone in modo drammatico il corporativismo della società italiana. Il Governo Monti voleva abolire le Provincie, ecco che l’UPI a febbraio confeziona uno schema di decreto, che viene apoggiato indistintamente da Pd e PDL per abolirne la metà e istituire 10 citta metropolitane. Succede cosi per tutto: farmacie notai e intanto la fiducia che l’Italia riesca ad uscire dal baratro crolla e lo spread riprende a crescere…. Se non si riesce ad eliminare il parassitismo diffuso sarà molto difficile uscire dal tunnel della crisi.

  • donatella |

    Sono d’accordo con valentino,
    è arrivato il momento che noi, italiani, ci prendiamo la nostra responsabilità in tutta questa storia. Non è possibile che in un momento di crisi forte come questo, i parlamentari continuino ad agire senza avere le idee chiare né i progetti precisi per combattere la situazione.
    Gli italiani siamo tutti uguali e su questo non devono esistere dubbi. I diritti e i servizi basici ai cittadini sono una priorità, lo vogliamo capire o no?

  • Valentino |

    Non si può creare un’Italia a due passi differenti… gli italiani sono devono essere tutti uguali, innanzi alla legge e devono godere tutti degli stessi servizi. le province devono essere per tutti o per nessuno. i presidi sulle città, siano essi di carattere sanitario (ospedali) o di sicurezza (questure ed altri uffici di specialità) devono continuare ad esistere in tutte le province… SE L’ITALIA NON RIESCE AD ESSERE COMPETITIVA, MUOIA ALMENO CON DIGNITA’ E GARANTISCA GIUSTIZIA E GIUSTEZZA DISTRIBUTIVA A TUTTI, FINO ALLA SUA FINE DEI SUOI GIORNI!!!! …. SPIEGATE AI TECNICI CHE GIUSTEZZA DISTRIBUTIVA E GIUSTIZIA NON SI OTTENGONO CON L’UTILIZZO DI UNA CALCOLATRICE!!!!!
    …ED ORA CARI ITALIANI, OSSERVATE IL COMPORTAMENTO DEI PARLAMENTARI DELLA CAMERA CHE LUNEDI’ HANNO LA POSSIBILITA’ DI BLOCCARE CON IL LORO VOTO QUESTA INIQUA MANOVRA DI SOPPRESSIONE DELLE PROVINCE… E’ GIUNTO IL MOMENTO DI VEDERE, CAPIRE E RICORDARE COME QUESTI SIGNORI SI COMPORTANO… QUESTO PER VOTARE “BENE” ALLE PROSSIME ELEZIONI!!

  • nandokan |

    A guardare la vicenda, si direbbe che il progetto di rinunciare solo ad alcune province e non a tutte sia stata una tattica per sabotare ab origine il progetto. E il sospetto aumenta se si pensa che intorno all’argomento il dibattito è stato quanto meno goffo. Dovendosi infatti trasferire le funzioni delle province (e il relativo personale) in gran parte alle Regioni, i veri risparmi sarebbero consistiti in alcune migliaia di posti di governo e di consigli, che però appaiono intoccabili. Carente, invece, mi è parsa la riflessione sugli uffici periferici dello Stato, che devono necessariamente rimanere. Se, per dire, Crotone o Monza cessano di essere province, verrà meno la Prefettura, ma di certo non si sposteranno i CC o i VV.FF. o il Tribunale o la sede Inps, che sarebbero semmai retrocesse di rango (es.: da Questura a Commissariato) e dunque guidate da un dirigente di rango inferiore. E tutto questo avrebbe richiesto un notevolissimo corollario di adeguamenti normativi anche secondari, volti a ridisegnare le funzioni statali in periferia.
    Eppure, il nodo rimane sempre quello: non possiamo costringere chicchessia a rinunciare a una cadrega alla provincia e al pur piccolo potere che ne deriva.

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