I costi della politica

Faraoni Non è assolutamente vero, come sostengono molti commentatori, che nella politica italiana è difficile, se non impossibile, raggiungere intese tra maggioranza e opposizione. Non è vero perchè di accordi, sostanzialmente taciti, se ne fanno tutti i giorni. Purtroppo non per costruire qualcosa, ma per lasciare tutto come prima.
Soprattutto quando si parla di conservare privilegi, di mantenere seggiole e poltrone, di garantire finanziamenti, di sussidiare iniziative più o meno culturali. L’intesa costante è quella di applicare le due regole auree della politica: se possibile "quieta non movere et mota quietare" e se proprio si deve fare qualcosa "facimm’ ammuina", cioè facciamo finta di cambiare tutto per lasciare tutto come prima.
Non sorprende che in questa dimensione si debba ancora parlare dell’Italia dei Faraoni, delle «mille caste del potere pubblico che stanno dissanguando l’Italia», come spiega il documentatissimo libro che Aldo Forbice e Giancarlo Mazzucca hanno dedicato non solo e non tanto ai costi della politica, ma soprattutto agli intrecci di un sistema di potere che non è mai riuscito a tagliare i fiumi degli sprechi del settore pubblico allargato.


E così si scopre che i Faraoni sono dappertutto. Perchè l’Italia «è il Paese delle caste, delle castine, delle lobby e delle corporazioni, ma anche dei furbi e dei furbetti. Un Paese in cui tutti o quasi tutti hanno qualcosa da chiedere, da rivendicare, ma pochi sono disponibili a fare il loro dovere, a dare una contropartita o anche solo un obolo per gli interessi generali».
Con il paradosso, per esempio, di un organo come la Corte dei conti, che dovrebbe essere il severo controllore della spesa pubblica, e che diventa uno degli enti più pletorici e costosi, così come il Cnel, le cui funzioni orginarie si sono perse nei rivoli di studi e relazioni che nessuno utilizza. L’analisi di Forbice e Mazzucca solleva il velo sui mille finanziamenti, pubblici naturalmente, che si disperdono per finalità culturali e che arrivano ai grandi teatri e alle feste paesane, ai giornali più autorevoli così come ai bollettini dei circoli della caccia, alle università di eccellenza così come alle cattedre senza allievi.
Non poteva mancare uno dei temi maggiormente simbolici dell’incapacità dello Stato di riformare se stesso: la sopravvivenza delle province dopo l’istituzione delle Regioni e di fronte alla necessità, a parole da tutti condivisa, di restituire efficienza e razionalità al rapporto tra i cittadini e le istituzioni. Le Province sono l’esempio più clamoroso della resistenza dei piccoli poteri e della moltiplicazione dei centri di spesa, del radicamento di un sistema pletorico e per sua natura inefficiente. Ma guai a toccare le Province e i posti di presidente, assessore, consigliere provinciale. In Italia non si abolisce nulla, nel miope tentativo di mantenere il consenso di tutti. Con il risultato tuttavia di far crescere quel partito dell’antipolitica che rischia di minare pericolosamente le radici stesse della democrazia.
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Aldo Forbice e Giancarlo Mazzucca, "I faraoni", Ed. Piemme, pagg. 300, € 17,50

Pubblicato sul Sole 24 Ore del 19 marzo 2009

  • meri |

    Penso che in questo paese sia veramente dusgustoso che continuino a dominare le varie caste e furbetti che approffittando delle loro posizioni di privilegio attingano al denaro pubblico e ne facciano un uso scorretto,cioè utilizzandolo a loro vantaggio personale e dei loro protetti.Questa è l’Italia delle ingiustizie sociali che nella maggior parte dei casi condanna chi nasce povero a rimanere tale e impedisce a tanti giovani di talento ad emegere perchè privi dei mezzi necessari per potersi fomare e diventare utili risorse per il nostro paese ingabbiato in questa logica delle caste e dei “faraoni”. Non se ne puo più,e l’ora di cambiare,speriamo che questa crisi economica e sociale riesca a spezzare queste barriere che condizionano la nascita di un paese nuovo in cui possa emergere chi lo merita e non il solito raccomandato.

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