La scuola non può che essere al primo posto tra gli elementi fondanti di ogni società civile. Come dimostra l’interesse (con relative forti polemiche) suscitato nelle ultime settimane dai progetti del nuovo Governo per la riforma del sistema istruzione.
È certamente un primo passo che la scuola sia diventata una priorità nelle riforme da attuare: altrettanto significativo è sottolineare come sia ormai sempre più condiviso l’obiettivo di ridare alla scuola italiana la necessaria efficienza e credibilità.
Quello dell’istruzione è in ogni caso un argomento sensibile e delicato: perché la scuola è nello stesso tempo lo specchio e l’origine della società, perché con la formazione si mettono in gioco la partecipazione politica e la capacità professionale, la dimensione umana e la possibilità di inserirsi a pieno titolo nel complesso mondo del lavoro.
Nelle relazioni tra maestro e discepolo sta il cuore di ogni politica scolastica. Lo spiega molto bene Giovanni Floris, il conduttore di Ballarò, nel suo viaggio nella scuola italiana definita, senza mezze misure, La fabbrica degli ignoranti. Un’analisi che intreccia esperienze personali e piccoli episodi con un esame accurato della politica, delle strategie, della spesa, dei risultati di quel vasto mondo che costituisce in Italia il sistema dell’istruzione. Con un bilancio complessivo tristemente fallimentare. E non solo perché l’Italia spende poco e spende male, ma perché nella scuola continua a prevalere l’appiattimento rispetto al merito, il formalismo rispetto alla creatività.
Sarebbe necessario – sostiene Floris – «un processo di selezione meritocratica dei docenti e degli studenti». Un obiettivo certamente ambizioso, date le premesse da cui parte la scuola italiana, ma sicuramente necessario.
Il merito, tuttavia, non lo si crea con la bacchetta magica, ma solo realizzando pazientemente le condizioni perché la scuola possa essere competitiva in tutte le sue dimensioni. In questa prospettiva si possono indicare interventi come l’abolizione del valore legale del titolo di studio. Ma soprattutto una sana concorrenza all’interno delle classi così come tra istituti e sistemi scolastici: anche rivalorizzando il ruolo della scuola privata. Perché è solo la competizione ad animare la cultura, così come la scienza, la democrazia e il mercato.
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Giovanni Floris, "La fabbrica degli ignoranti", Ed. Rizzoli, Milano, 2008, pagg. 300, € 19,50
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Pubblicato sul Sole 24 ore del 18 settembre