Una storia di persone: il caso Techint. L’unico vero errore è quello da cui non impariamo nulla: è una frase attribuita ad Henry Ford. Una frase che contiene tanti elementi. Lo spirito imprenditoriale, innanzitutto, perché solo chi si muove può sbagliare, solo chi intraprende può rischiare il fallimento; e quindi trarre lezioni da quanto è avvenuto. Se non si vince si impara. E poi il senso della storia: si può avere lezioni anche dagli sbagli altrui, dalle esperienze che il cammino dell’umanità ci può presentare. E poi anche la necessità di circondarsi di persone che non siano solo degli yesman, ma che sappiano portare passione e competenze nelle iniziative cui partecipano. E che abbiamo il coraggio di superare la sindrome del “si è sempre fatto così”.
Queste tre riflessioni possono costituire il punto di partenza per parlare della storia di una grande azienda, in questo caso la Techint, partita dal nulla nel 1945, e arrivata ad essere una delle più grandi imprese italiane con interessi diversificati che vanno dalla siderurgia alle infrastrutture, dalle esplorazioni minerarie alla sanità. Con due caratteristiche particolari: 1) è sempre rimasta ed è cresciuta sotto il diretto controllo della famiglia del fondatore Agostino Rocca; 2) ha sviluppato le proprie attività, in Italia e in America latina, valorizzando le risorse interne in una condivisione aperta della missione aziendale.
Le persone quindi, e non sempre è così, sono state e rimangono l’asse portante di un’impresa in cui si sono coniugate innovazione, apertura internazionale e diversificazione. Ed è proprio sulle persone è incentrata la storia di questa impresa raccontata da Luciano Landoni, giornalista e scrittore varesino, nel libro “Testimonianze quasi eroiche” (ed. La memoria del mondo, pagg. 192, € 16) in cui raccolgono trenta interviste a dirigenti di azienda, in gran parte ingegneri e già in pensione, che hanno avuto un ruolo più o meno di prima fila, ma sempre essenziale, nella storia della Techint.
Come scrive, Donatella Sciuto, la rettrice del Politecnico di Milano nell’introduzione, siamo di fronte a “pagine che celebrano le storie di vita e di eccellenza tecnica di chi, nel corso di questi ultimi ottant’anni, ha attraversato la storia del nostro Paese e reso Techint ciò che è oggi, una grande azienda che guarda al futuro”.
Non è un caso che gran parte di queste testimonianze appartengano a persone che hanno compiuto i loro studi al Politecnico di Milano, un’università che ha sempre seguito la stella polare dell’innovazione, che ha affiancato al sapere scientifico e tecnologico, quella visione strategica che è fondamentale nelle realtà aziendali. Ma non solo. In queste storie emerge infatti la dimensione umana delle relazioni all’interno dell’impresa, una dimensione che va molto al di là della funzione o delle mansioni di ciascuno, per sviluppare invece creatività e condivisione.
Come sottolinea Luigi Iperti, già Amministratore Delegato di Techint, “Conoscere il passato, magari attraverso le testimonianze dirette di chi l’ha vissuto in prima persona, è con tutta probabilità il modo migliore per affrontare le difficoltà del presente e per progettare il futuro senza averne paura”. L’esperienza di Techint dimostra che il vero vantaggio competitivo delle imprese non può che derivare dalle persone. Perché se è vero che in Techint esistevano, come in tutte le aziende, “legami organizzativi e organigrammi: semplicemente – sottolinea ancora Iperti – sia i primi che i secondi non pesavano più di tanto sullo spirito di libera iniziativa delle persone che lavoravano nell’azienda. La distribuzione del lavoro, infatti, favoriva i rapporti collaborativi orizzontali.”
Ecco il segreto del successo di una grande imprese: le persone. In particolare, come dice il sottotitolo del libro, “quelli che hanno consegnato il messaggio a Garcia”. Che cosa significa? Per risolvere l’enigma basta leggere il libro.