L’ultimo atto delle “popolari”. Ma non è ancora detta l’ultima parola. È difficile prevede se la scalata di Bper alla Banca popolare di Sondrio andrà in porto. Una scalata che potrà avere due effetti contrapposti: da una parte la creazione di un nuovo grande gruppo bancario, il terzo in Italia, dall’altra la progressiva scomparsa di una banca che è stata, e per ora rimane, un esempio di efficienza, di vicinanza al territorio, di crescita, di sviluppo di quello spirito cooperativo che è stato uno dei punti forti del sostegno di quelle piccole e medie imprese che hanno costituito e continuano a costituire la spina dorsale dell’economia italiana.
Si compirebbe così un nuovo passo di quella dinamica che negli ultimi anni, anche con la complicità della politica, ha aperto la strada a quello che è stato chiamato il gigantismo bancario. Si creano così banche grandi che vengono definite “troppo grandi per fallire” (too big to fail) perché in caso di difficoltà non potrebbero essere acquisite da altri istituti e si imporrebbe, per tutelare il risparmiatore, un intervento di salvataggio da parte dello Stato.
Un altro grande problema è che con questa tendenza alle aggregazioni si viene a perdere quella “biodiversità” che nel sistema finanziario, come nella natura, garantisce una valorizzazione dei caratteri specifici di ogni realtà. L’Italia è stata nel tempo un esempio positivo: banche private accanto a banche pubbliche, banche popolari di fianco a casse di risparmio, banche nazionali insieme a banche strettamente locali. Certo, ci sono stati anche fallimenti e dissesti, ma derivanti non tanto dalla forma giuridica degli istituti, quanto dalla cattiva gestione e dagli interessi privati con azioni talvolta penalmente rilevanti.
Le più accurate indagini, come quella curata da Marco Onado dell’Università Bocconi, hanno dimostrato come sia positiva la presenza di banche radicate sul territorio. “Le community banks -spiega Onado – svolgono una funzione importante nell’economia del nostro Paese. La diversità aumenta l’efficienza e la resistenza dell’ecosistema bancario. La ricerca scientifica e i dati Bce conferma che le banche piccole e medie possono essere efficienti e redditizie”.
Il sistema bancario dovrebbe valorizzare le potenzialità dell’economia e della società. I legami con il territorio e con la popolazione, come quelli delle banche popolari, hanno costituito dall’Ottocento ad oggi un valore aggiunto importante anche nell’ottica della sostenibilità sociale. Un valore che rischia sempre più di essere disperso per l’effetto della corsa alle grandi dimensioni.
La Banca popolare di Sondrio è stata l’ultimo caposaldo delle banche popolari tradizionali, quelle che con un forte radicamento sui territori hanno contribuito soprattutto al Nord ad irrobustire il tessuto economico a fianco soprattutto delle piccole e medie imprese. La parola fine a questa esperienza è stata imposta dall’alto, con un, secondo me, improvvido decreto- legge varato a gennaio del 2015 dal Governo di Matteo Renzi, un decreto che ha imposto alle dieci grandi banche popolari di trasformarsi in società per azioni. Un salto non da poco. Mentre nelle popolari ogni socio aveva un voto in assemblea qualunque numero di azioni avesse, nelle società per azioni pesa chi ha una quota di capitale più grande: in pratica il passaggio dal sistema cooperativo a quello capitalistico. Un passaggio non solo giuridico, ma con profonde implicazioni di sistema. L’ultimo atto delle popolari, appunto.
Lo avevo anticipato nel libro scritto a due mani con Franco Debenedetti: Popolari addio? (ed. Guerini e associati) – https://www.guerini.it/index.php/prodotto/popolari-addio/
A Sondrio hanno tentato tutte le strade, fino al ricorso alla Corte costituzionale e alla Corte di giustizia europea, per restare “popolari”. Niente da fare: per non perdere la licenzia bancaria secondo la legge l’assemblea ha dovuto cedere le armi e sono venuti allo scoperto i grandi gruppi bancari, tra cui Unipol e Bper, che avevano accumulati importanti pacchetti azionari.
La banca valtellinese, tuttavia, nonostante la trasformazione in spa, ha continuato a mantenere lo spirito e le strategie di una banca popolare: attenzione al territorio, spirito di servizio a 360°, vicinanza al cliente, operatività a tutti i livelli. E mentre le grandi banche hanno continuato a chiudere sportelli, la Popolare di Sondrio non ha smesso di aprirne di nuovi, ottenendo sempre risultati positivi sul fronte dei bilanci.
Con una strategia controcorrente rispetto a quella che è stata chiamata “desertificazione bancaria”. Lo scorso anno le banche italiane hanno chiuso 609 sportelli mentre ne hanno aperti 101 nuovi, con un saldo negativo quindi di 508 unità. Il numero degli sportelli è sceso sotto quota 20mila e solo nell’ultimo trimestre 230mila italiani si sono ritrovati senza una banca nel loro comune di residenza. Siamo di fronte ad un insieme di movimenti che stanno ridisegnando il sistema bancario italiano, concentrando il potere in pochi grandi gruppi, limitando le aree di azione delle banche, riducendo sensibilmente il numero delle agenzie al servizio dei cittadini. E una delle poche eccezioni rischia di sparire, sacrificata alla creazione di valore di un gruppo più grande, un valore puramente finanziario perché porterà sicuramente con sé la chiusura di filiali in nome della razionalizzazione.
L’ultimo atto delle “popolari”. Addio quindi alle banche di una volta. Vittime della rivoluzione tecnologica da una parte e delle logiche finanziarie e di potere dall’altra.