La nostra Repubblica fondata sul lavoro

Tra fine novembre e inizio dicembre si voterà per approvare o respingere la riforma costituzionale. E’ una riforma che riguarda soprattutto le istituzioni politiche, con il superamento del bicameralismo perfetto e con una completa riscrittura delle competenze dello Stato e delle Regioni
La prima parte della Costituzione, quella che riguarda i principi fondamentali e i diritti e i doveri dei cittadini, non è oggetto di alcuna proposta attuale di revisione. Questa prima parte, e in particolare sull’art. 1 che delinea i valori di fondo della legge fondamentale, è stata al centro di lunghi dibattiti e approfondimenti da parte della Costituente. La discussione è stata più volte rimandata e ripresa: la formulazione attuale è stata alla fine approvata nel marzo del ’47. Il compromesso che è scaturito si deve alla mediazione di Amintore Fanfani dopo che con Palmiro Togliatti i comunisti avevano proposto che l’Italia venisse definita “repubblica di lavoratori”. Come racconta Paolo Pombeni nel libro “La questione costituzionale in Italia” (Ed. Il Mulino, pagg. 372, € 28) fu tuttavia Aldo Moro a convincere Togliatti che la dizione da lui proposta aveva un sapore eccessivamente classista per essere accolta mentre la controproposta democristiana di una repubblica che aveva “per fondamento il lavoro” offriva il pregio di “assegnare – disse Moro – allo Stato italiano questa mèta altissima di dare pienezza alla vita sociale, politica ed economica alle classi lavoratrici”. Ancora più esplicita fu la presentazione della proposta, poi approvata, da parte di Fanfani. “In questa formulazione – spiegò all’assemblea – l’espressione democratica vuole indicare i caratteri tradizionali, i fondamenti di libertà e di uguaglianza, senza i quali non vi è democrazia. Ma in questa stessa espressione la dizione “fondata sul lavoro” vuole indicare il nuovo carattere che lo Stato italiano, quale noi lo abbiamo immaginato, dovrebbe assumere. Dicendo che la Repubblica è fondata sul lavoro si esclude che essa possa fondarsi sul privilegio, sulla nobiltà ereditaria, sulla fatica altrui e si afferma invece che essa si fonda sul dovere, che è anche diritto ad un tempo per ogni uomo, di trovare nel suo sforzo libero la sua capacità di essere e di contribuire al bene della comunità nazionale”.
Questo articolo costituisce l’esempio di una delle tante costruttive mediazioni all’interno della Costituente con la volontà comune di democristiani, liberali e comunisti non solo di superare definitivamente il regime fascista, ma anche di bloccare ogni possibile tentazione autoritaria.
(La risposta ad una lettera pubblicata sul Sole 24 Ore del 20 settembre)