Scuola-lavoro: c’è molto da fare

Ha suscitato interesse e commenti il tema dell’alternanza scuola-lavoro che era al centro della lettera, e della mia risposta, pubblicata sul Sole 24 Ore del 7 aprile (e qui sotto riportate). Il tema in effetti meriterebbe un’ampia analisi perchè appare uno degli elementi centrale per affrontare in modo costruttivo il problema, drammatico per l’Italia, della disoccupazione giovanile. Non a caso il paese che ha il più efficiente sistema di condivisione tra scuola e lavoro, cioè la Germania, è anche quello che ha la disoccupazione giovanile più bassa e tra le più alte dinamiche economiche. La riforma della scuola in discussione al Parlamento dovrebbe allargare le opportunità, ma è necessaria la collaborazione di tutte le parti potenzialmente interessate.

.-.–.

Ecco la lettera e la mia risposta:

.–.-.

Sono un professore, in pensione, che ha insegnato a lungo in un liceo classico, un corso di studi che una volta era considerato il più ambito, l’unico che fino al ’68 dava accesso a tutte le facoltà universitarie. Era forse una scelta di èlite, riservata alle famiglie che potevano permettersi di mantenere un figlio fino all’università, ma era una scelta che dava solide basi umanistiche per affrontare poi qualunque percorso educativo. Ora mi sembra che il “classico” sia in perdita di stima e prestigio e con l’ennesima riforma della scuola si vorrebbe introdurre anche per questo tipo di percorso scolastico un periodo più o meno lungo di alternanza scuola-lavoro. L’avvicinare i giovani al mondo del lavoro è certamente un proposito positivo, ma molto più per gli istituti tecnici e professionali che non per il mio vecchio e amato liceo.

lettera firmata

Roma

.-.-.

Gentile professore, dalle sue parole emergono una grande passione per la scuola e un convinto orgoglio per avere insegnato in un  liceo. E le sue riflessioni nascono dalla concretezza della realtà attuale: basti pensare che negli ultimi anni scolastici solo poco più del 10% degli iscritti alla scuola secondaria superiore è stato coinvolto in iniziative di alternanza scuola-lavoro e di questi solo il 2% proveniva dai licei. La nuova riforma della scuola ha tra i suoi punti forti proprio l’inserimento dell’obbligo di attuare iniziative di alternanza anche nei licei. Tutti gli studenti avranno il diritto di intraprendere iniziative formative sul campo e allo stesso modo gli istituti dovranno organizzare i percorsi didattici tenendo conto di questa possibilità. Con un particolare importante. Non si dovrà trattare di un inserimento generico in attività lavorative, ma di percorsi che valorizzino le peculiarità di ogni percorso educativo.  Quindi è presumibile che gli studenti di un liceo classico possono essere indirizzati (si parla di 200 ore per l’ultimo triennio) a tutte quelle attività, e sono molte, dove può essere sviluppata la sensibilità culturale ed umanistica: quindi la valorizzazione del patrimonio artistico, la gestione di musei ed esposizioni, la promozione del territorio, lo sviluppo di iniziative editoriali e di comunicazione. Nell’ottica tuttavia per cui ogni lavoro ha la sua dignità e ogni occupazione contribuisce alla crescita personale e collettiva all’interno di una società che deve essere dinamica e innovativa.

Quindi, caro professore, se il sistema scolastico vuole rispondere alle esigenze del paese non ci possono essere scuole di seria A e di serie B. Ed è significativo che sia cresciuta negli ultimi anni l’importanza degli istituti tecnici e professionali, istituti in cui vi sono molte esperienze positive sia per il coinvolgimento delle imprese, sia per i risultati sul fronte dell’occupazione giovanile. Con le nuove regole un ruolo decisivo spetterà anche al settore pubblico: che avrà molto da guadagnare se saprà guardare con ottica positiva allo spirito di novità dei “nativi digitali”.