La moneta e il suo valore costituiscono uno dei perni attorno a cui è ruotata nei secoli la discussione sulla politica economica. E anche nelle ultime drammatiche giornate di attacco all’euro il confronto sulle possibili strategie per difendere (o per non difendere) la moneta unica europea ha portato in primo piano il ruolo fondamentale dei Governi e insieme delle Banche centrali.
Non è senza significato ricordare come il termine moneta derivi sicuramente in parte dal greco “nomisma”, ma anche dal termine latino “monere”, che significa avvertire, segnalare, prestare attenzione.E infatti Giunone Moneta venne chiamata la dea che avrebbe risvegliato le oche del Campidoglio permettendo così ai romani di rispondere all’invasione dei Galli. Un segnale quindi, una indicazione di valore, ma anche un mezzo di pagamento e lo strumento fondamentale che permette l’accumulazione della ricchezza attraverso il risparmio.
La tentazione di moltiplicare in maniera artificiale il valore della moneta è vecchio quanto il mondo. Le follie finanziarie e i crimini monetari sembrano quasi andare a braccetto in un sistema che nel corso dei secoli ha visto succedersi la corruzione dei Governi e l’esuberanza dei banchieri, la fragilità delle leggi e la ricerca sempre più veloce della ricchezza.
La storia ha molto da insegnare, ma gli uomini hanno un alibi molto forte per non voler imparare. E l’illusione che ha dato il titolo al saggio di Kenneth S. Rogoff (insieme a Carmen M. Reinhart) sulle follie finanziarie degli ultimi otto secoli: “This time is different”, “questa volta la situazione è diversa” per poi invece riscoprire che le crisi bancarie così come le turbolenze finanziarie sono praticamente una costante nella storia di tutti i paesi del mondo. Senza distinzione tra ricchi e poveri.
Allo stesso modo la vita delle monete non è stata facile. Basta scorrere le pagine della “Storia dei crimini monetari” di Alexander del Mar, Segretario al Tesoro americano e direttore dell’Ufficio statistico nella seconda metà dell’Ottocento, per ritrovare con puntigliosa analisi come sia stato costantemente in balia della speculazione lo stesso potere di battere moneta. “Qualsiasi sistema monetario, scrive Del Mar, che non punti alla sostanziale stabilità dei prezzi è destinato a un rapido sbaragliamento”.
Ora il sistema dei pagamenti si è praticamente affrancato dall’oro e all’argento e la moneta si è ormai in gran parte dematerializzata ed affidata ai veloci canali elettronici. Ma il rischio più grave è che la moneta affianca sempre di più l’essere un indicatore di ricchezza al diventare un misuratore del debito. La crescita dei debiti degli Stati, delle banche, dei privati ha costituito il detonatore della crisi del 2008 e del più recente dissesto della Grecia. Con un evidente conflitto di interessi: difendere la ricchezza è tutt’altra cosa che gestire i debiti.
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Alexander del Mar, “Storia dei crimini monetari”, Ed. Excelsior, pagg. 260, € 15,50
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