L'Italia ha sempre avuto problemi di "governance" nella strategia infrastrutturale. Le lentezze dei tempi, la complessità delle procedure, i rischi dei ricorsi, la difficile acquisizione del consenso popolare sono tutti problemi che hanno sempre causato e continuano a causare incertezze e ritardi. È significativo che diventi addirittura un titolo di un libro la domanda È possibile realizzare le infrastrutture in Italia?
La risposta ovviamente non può essere drasticamente un sì o un no. La realtà è che Alfredo Macchiati e Giulio Napolitano sottolineano che negli anni sono cresciuti i problemi anche perché a fianco d'interventi di snellimento procedurale, tra questi la cosiddetta Legge Obiettivo, si è ampliato un confuso decentramento amministrativo che non è ancora un vero e proprio federalismo, ma che comunque non offre più una dinamica centralizzata delle decisioni. E allo stesso modo, a fronte dell'inaridirsi dei finanziamenti pubblici, per evidenti compatibilità di bilancio, non si è messo in atto un quadro regolatorio capace di attirare i necessari investimenti privati.
«Sembra – scrivono Macchiati e Napolitano – che ancora manchi un disegno innovatore chiaro e coerente anche con l'insieme delle trasformazioni subite dalla distribuzione dei poteri e i vincoli della finanza pubblica».
Il tema delle infrastrutture deve restare comunque centrale in una strategia di politica economica capace di costruire le condizioni della ripresa. È anche per questo che appare ancora più amaro il rischio di veder ritornare in primo piano i temi della corruzione e delle tangenti, con eventi per ora circoscritti, ma che segnalano la necessità di procedure ancora più efficaci e risolutive.
Macchiati-Napolitano, «È possibile realizzare le infrastrutture in Italia?», il Mulino, pagg. 394, € 29
Pubblicato sul Sole 24 Ore il 18 febbraio