Quali strade può prendere l’Italia per riagganciare lo sviluppo perduto? La crescita di un sistema economico deriva, molto banalmente, dalla dinamica dalla domanda aggregata di beni di consumo, di investimenti e di spesa pubblica. E tutto questo non dipende da un solo fattore, e cioè dalla disponibilità di capitali, ma da un insieme di elementi non solo di carattere economico, ma che coinvolgono direttamente anche la psicologia, lo scenario sociale, gli equilibri politici, le prospettive personali e collettive.
La quantità di moneta e i tassi di interesse costituiscono così fattori necessari, ma non sufficienti non solo per spiegare tutti gli andamenti dell’economia, ma soprattutto per delineare quali politiche economiche si possono adottare per rispondere alla necessità di far superare ad un paese un periodo di crisi.
L’Italia si è trovata ad affrontare la crisi economica di questi ultimi mesi con una profonda debolezza strutturale, una debolezza dimostrata da molto anni di crescita sensibilmente inferiore rispetto agli altri paesi europei. E nello stesso con un debito pubblico particolarmente alto e tale da rendere necessariamente limitate le politiche pubbliche di sostegno dell’economia e di modernizzazione del Paese.
Forse non l’unica, ma sicuramente una delle ragioni per cui la società italiana sembra arrancare sotto il profilo della crescita non solo economica, ma anche sociale, è il record europeo del più basso tasso di fecondità. Dal profilo demografico gli italiani fanno infatti registrare una serie di primati, alcuni positivi (una vita media tra le più alte), altri preoccupanti nell’insieme del Paese e drammatici nel Mezzogiorno: fanno pochi figli, si sposano sempre più tardi, hanno la più bassa percentuale di occupazione femminile.
“Quello sulla famiglia è il miglior investimento che lo Stato può fare”. Lo scrive don Antonio Sciortino, direttore del settimanale “Famiglia cristiana”, sacerdote, giornalista nel suo ultimo libro dal titolo “La famiglia cristiana, una risorsa ignorata”. Non si tratta di un manuale di esegesi biblica o di pastorale parrocchiale, ma di una stringente analisi in cui si mettono in fila tutti i punti di crisi delle politiche familiari realizzate (e soprattutto non realizzate) negli ultimi anni in Italia.
Il confronto con paesi vicini, come la Germania o la Francia, è allo stesso tempo clamoroso e allarmante: sul fronte delle politiche sociali con gli asili nido, delle scelte fiscali con il quoziente familiare e il sostegno indiretto alla famiglie numerose, degli interventi assistenziali con un’ottica non solo individuale ma attenta alla realtà familiare.
La spesa italiana per la politica familiare è circa la metà della media europea. La Francia destina alla famiglia il 2,5% del suo Pil, l’Italia si ferma a poco più dell’1%: “una politica inadeguata e suicida, commenta Sciortino”. Ecco perché a questo punto un sostegno alla famiglia, allo sviluppo demografico, all’occupazione femminile non solo avrebbe effetti diretti e a lungo termine sulla domanda aggregata, ma produrrebbe anche enormi vantaggi sul fronte di quella coesione sociale che è uno dei fattori centrali del progresso civile prima che economico.
Antonio Sciortino, "La famiglia cristiana, una risorsa ignorata", Ed. Mondadori, pagg. 130, € 17,50
Pubblicato sul Sole 24 Ore di 23 luglio 2009