La leadership è una cosa seria. Lo insegnano i libri di storia, così come i manuali di management. Leader in piccola parte si nasce, soprattutto se si ha l’opportunità di esercitarla in qualche modo fin dai primi anni, ma in gran parte si diventa, con l’esperienza, lo studio, la passione, la capacità di apprendere dagli errori, soprattutto dai propri errori.
Tra i grandi leader del passato c’è solo l’imbarazzo della scelta. Non solo Carlo Magno o Napoleone, ma anche Cristoforo Colombo o Henry Ford. Persone capaci di avere coraggio e visione, ingegno e capacità di comando, volontà di cogliere le occasioni e di superare ostacoli e insidie.
Stiamo percorrendo l’anno dedicato a Dante Alighieri, per celebrarne i 700 anni dalla morte, e non sono mancate, come non mancheranno le occasioni, per cogliere i segni, non solo simbolici, che ci ha lasciato il Poeta.
Ma tra i classici ci sono innumerevoli testimonianze di un cammino dell’umanità che può offrire significativi spunti di riflessione per la vita di oggi. Magari superando la ritrosia nel riprendere in mano quei libri che pochi o tanti anni fa hanno accompagnato i nostri percorsi scolastici.
E’ il caso dell’Odissea, uno dei grandi poemi epici attribuiti ad Omero, in cui si narrano le vicende di Ulisse dopo la fine della guerra di Troia. Un poema ricco di vicende, eventi, personaggi: dove la storia si mischia con la fantasia, dove la vita degli dei interferisce con quella degli uomini, dove la ragione e le passioni costituiscono un intreccio inestricabile. Odissea è diventata sinonimo di avventura, di imprevisti, di peripezie.
Ad Ulisse e ai suoi insegnamenti è dedicato il libro di Enrico Cerni e Giuseppe Zollo (“Ulisse, parola di leader”, Ed. Marsilio, pagg. 220, € 19), (Ulisse, parola di leader – Marsilio Editori) un manager e un docente di ingegneria che non si limitano, e sarebbe comunque già meritorio, ad analizzare il poema alla luce delle problematiche manageriali, ma affiancano i 24 capitoli con i “consigli di lettura” di altrettanti libri di più stretta attualità.
“Ulisse – affermano Cerni e Zollo – è un leader in grado di dare il meglio di sé nei diversi ambiti di azione, adattando la propria strategia alle situazioni, dimostrando che la leadership situazionale è solo un modo diverso di esprimere il concetto di possedere una “mente colorata” cioè dell’essere polytropos, essere umano in grado di volgere il proprio pensiero in molte direzioni”.
Come si afferma nella conclusione ognuno di noi è un po’ Ulisse o, in molti casi, vorrebbe essere Ulisse. Per tanti elementi: il richiamo del viaggio, la forza della sfida, la ricerca della bellezza, la volontà di trovare soluzioni nuove, la capacità carismatica del comando, il bisogno dell’utopia. Magari per scoprire che “prendersi cura dell’altro è l’antidoto più efficace al veleno della prepotenza del potere”.
Anche perché ci sono due rischi nell’affrontare in questo periodo i grandi temi del management e della leadership. Il primo rischio è quello degli algoritmi: pensare che basti impostare bene un problema per trovare automaticamente e continuamente la risposta. Il secondo è quello della semplificazione: ritenere che esistano soluzioni semplici per problemi complessi, in un periodo peraltro in cui la complessità è un dato di fondo.
Questo è vero per la gestione aziendale, ma in parte è vero anche per la politica dove, peraltro, la logica degli algoritmi è difficilmente applicabile, mentre è largamente praticata l’arte della semplificazione. Ovviamente non la semplificazione delle procedure burocratiche, da sempre promessa e largamente inattuata, ma la semplificazione delle strategie soprattutto pensando che una iniezione di denaro possa essere la soluzione per risolvere tutti i problemi.
L’esperienza di Ulisse può aiutare a rompere gli schemi del passato. Le sue scelte hanno il più delle volte il dono della imprevedibilità, della ricerca del fascino dell’ignoto. Un dono che speso manca nella nostra realtà, spesso troppo protesa alla ricerca di garanzie e di sicurezza.