La crisi di alcune banche, comprese quella di Bari, di Arezzo, del Veneto, ha coinvolto anche il modello della cooperazione e quindi delle banche popolari. Il sistema economico italiano ha molte particolarità. Dal punto di vista storico vi sono stati due importanti filoni che hanno contrassegnato il passaggio da economia agricola a economia industriale. Il primo è stata la creazione spontanea di un tessuto di piccole e medie imprese che hanno mantenuto nel tempo il loro carattere familiare e che molto spesso si sono, altrettanto spontaneamente, aggregate in distretti che hanno rafforzato le singole unità produttive pur rispettando la loro autonomia gestionale e operativa.
Il secondo filone è stato lo sviluppo di un sistema di servizi, con in primo piano l’aspetto del credito, che hanno sostenuto la trasformazione e che hanno sviluppato una politica di sostegno fortemente collegata al territorio. In particolare, le banche cooperative hanno costituito alla fine dell’Ottocento un supporto nella logica del sostegno reciproco e della divisione dei rischi. E non è un caso che gran parte delle banche cooperative siano nate su ispirazione e su iniziativa concreta di persone che hanno basato la loro azione sulla Dottrina sociale della Chiesa.
Sono state molte e particolarmente rilevanti le trasformazioni vissute dal sistema cooperativo. Sono nati grandi gruppi, che di cooperativo hanno mantenuto solo il nome, le banche più grandi sono state costrette a trasformarsi in società per azioni, la logica della concorrenza di mercato ha preso il sopravvento rispetto alla logica mutualistica originaria. Ma, pur con i cambiamenti spesso inevitabili, lo spirito della cooperazione basata sulla mutualità e sulla solidarietà, non appartiene solo ai libri di storia, ma costituisce tuttora un esempio di relazioni sociali ed economiche mosse dalla capacità coniugare positivamente l’interesse dei singoli con il bene comune. Lo dimostra il libro di Enzo Pezzini “Bene comune, partecipazione e democrazia” (Ed. Ecra, pagg. 256, € 28) https://www.ecralibri.it/online/in cui si analizza puntualmente ed efficacemente il cammino parallelo della Dottrina sociale della Chiesa e del pensiero cooperativo.
«Il nucleo emergente – afferma Francesco Beschi vescovo di Bergamo nella prefazione – è rappresentato da quella che è definita la “coincidenza dottrinale” tra la Dottrina sociale della Chiesa e i principi della cooperazione. Si tratta di uno “spirito comune”, ma anche di una prospettiva: quella che porta la Chiesa a riconoscere i “segni dei tempi” e attraverso di essi la crescita evangelica del Regno di Dio così come annunciato nel Vangelo».
Da notare come si parli di principi della cooperazione. La realtà presenta anche “deformazioni e stravolgimenti” in cui dietro la forma cooperativa si nascondono interessi particolari al limite della legalità, e qualche volta oltre. La vicenda della Banca Popolare di Bari ne è un esempio, un dissesto che fa notizia, ma non bisogna dimenticare che ci sono centinaia di piccole e medie banche popolari che continuano a interpretare correttamente i valori della cooperazione. Così come non bisogna dimenticare che i dissesti bancari non sono una prerogativa delle cooperative: lo dimostrano i problemi di banche che hanno la forma giuridica di società per azioni, Siena per esempio, così come di Casse di risparmio, guardiamo a Genova.
Resta il fatto che la cooperazione ha ancora molto da dare all’economia e alla società italiana se si vuole dare una prospettiva costruttiva alla dimensione post-capitalistica che si sta per ora affermando più come critica dell’esistente che come concreta alternativa. Nella storia della cooperazione c’è quella partecipazione e quella responsabilità che appaiono sempre più importanti per superare il dominio della finanza e la strategia del profitto fino a se stesso.