Anche il caos ha le sue regole, Una volta c’era la globalizzazione. Ora il mondo è cambiato anche se non è facile capire e spiegare come. Un esempio tra i tanti possibili. Cinquant’anni fa un gruppo di amici, finiti gli esami di maturità, decise di tentare un’avventura: andare in India in macchina. E ci sono riusciti senza troppi problemi con un minicamper attrezzato alla moda hippy che dominava in quel tempo. Se ci provasse un gruppo di giovani d’oggi non arriverebbe lontano. Ci sono frontiere che sono diventate difficili, se non invalicabili. Attraversare la Serbia e la Turchia sarebbe un azzardo. Molto difficile superare l’Iran. Praticamente impossibile passare dall’Afghanistan. Certamente complesso entrare e uscire dal Pakistan e dalla stessa India.
Solo un esempio di una globalizzazione perduta. Di un mondo che si è frantumato sotto la spinta di quelle logiche di potere che stanno sconvolgendo i vecchi equilibri e che hanno interrotto il lungo periodo di pace di cui ha goduto l’Europa.
Non ci sono comunque spiegazioni semplici per problemi complessi. E se si vogliono cercare le radici non bisogna fermarsi agli slogan della propaganda o ai giudizi viziati dal pregiudizio dell’ideologia. E’ utile e importante guardare alla storia, esaminare i cambiamenti sociali, valutare i rapporti di forza. E’ quanto positivamente si trova nell’analisi di Giorgio Arfaras (“Le regole del caos”, Ed. Paesi, pagg. 116, € 13,30), un’analisi che partendo da un ossimoro compie tuttavia un percorso di stretta logica nelle diverse prospettive delle più o meno grandi potenze che tengono in mano i destini del mondo. Arfaras, economista finanziario, ricercatore del Centro Einaudi, riesce a rintracciare nel percorso della storia quelle logiche politiche che spiegano, anche se certamente non giustificano, le crisi attuali.
Il valore aggiunto di questo libro è infatti soprattutto nella prospettiva storica. Ecco quanto scrive Arfaras sulla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina: “Osservate queste dinamiche storiche, si può notare come le continuità con il presente abbiano radici profonde. Due, in particolare: il contenimento dei nemici potenzialmente ostili alle frontiere (lo si vede ancora dal desiderio di avere degli Stati cuscinetto soprattutto nella parte occidentale, dove risiede il potere, il cui emblema è il Cremlino, che tale era sia ai tempi del comunismo sia ai tempi dell’autocrazia); e la commistione fra potere temporale e potere spirituale, dove la Potenza e Verità sono uniti”.
Sullo sfondo c’è la volontà di Putin di mettere al primo posto la grande Russia, con i suoi valori tradizionali anche per sostenere il consenso di gran parte della popolazione informata solo dai media di regime. Altrettanto importanti sono le analisi sulla Cina e sull’Occidente. La Cina, più tecnocrazia che comunismo, dominata da un partito unico alle prese con una difficile transizione dopo una crescita trainata dalle esportazioni. Di particolare rilievo anche l’analisi dei cambiamenti sul fronte occidentale dove i temi della rivoluzione informatica si intrecciano con i difficili equilibri di uno stato sociale con grandi meriti, ma che fatica a rispondere alle esigenze di una società con sempre più anziani e sempre meno giovani. Con sullo sfondo la crescita delle disuguaglianze all’interno dei singoli paesi e nella realtà internazionale.
In questa prospettiva, per tornare al titolo del libro, il caos è sicuro, le regole sono tutte da inventare o almeno da scoprire.