Quali competenze devono avere i manager per anticipare il futuro. Secondo la saggezza aziendale il manager è colui che sa risolvere i problemi, il leader è chi sa proporre le domande giuste. E ovviamente offrire le risposte utili. Abbiamo bisogno di leader. O meglio, abbiamo bisogno di manager capaci di diventare leader. Perché mai come ora possiamo dire di vivere in un periodo di grandi cambiamenti. Non solo la pandemia e la guerra, non solo la rivoluzione tecnologica e la riscoperta dell’inflazione, non solo l’inverno demografico e l’innalzamento dell’età media della popolazione. Ci sono cambiamenti che possono essere come una palla di neve che si trasforma in una valanga. Pensiamo alla crisi dei bitcoin, al fallimento di una grande piattaforma di trading come Ftx, pensiamo alle difficoltà di Zuckerberg con le sabbie mobili in cui si trova quel metaverso delle grandi speranze.
Non sappiamo come sarà il futuro, ma almeno abbiamo la certezza che ci sarà un futuro e sarà in gran parte quello che riusciremo a costruire. In questo scenario c’è fortunatamente qualche apertura tra le nuvole. Sono, per esempio le storie di 101 manager che negli anni della pandemia hanno deciso di rimettersi in gioco professionalmente frequentando la business school del Politecnico di Milano.
Sono storie raccontate nel libro di Filippo Poletti, giornalista professionista con executive MBA, top voice di Linkedin, dal titolo “MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose” (Ed. Lupetti, pag. 232, € 23,90). MBA POWER – Lupetti – Il libro si apre con le introduzioni del chairman e del dean della Polimi Graduate School of Management, Vittorio Chiesa e Federico Frattini, e dopo aver raccontato le sfide dell’alta formazione si chiude con il decalogo dell’MBA Power ossia le 10 motivazioni che devono spingere i manager ad acquisire nuove competenze.
Perché la competenza non è solo conoscenza tecnica, ma è soprattutto capacità di muoversi in quella che Poletti chiama l’era “Vuca” acronimo traducibile in italiano con le quattro parole “volatilità”, “incertezza,” complessità” e “ambiguità”. “Per stare al passo con il sapere fluido – afferma l’autore – dobbiamo imparare, disimparare e imparare di nuovo, acquisendo nuove competenze, sia “dure” che “soffici”. Per questa ragione, io e tanti altri colleghi ci siamo messi a studiare e ristudiare (e continueremo a farlo) come si governa la trasformazione digitale, come si fa innovazione radicale o incrementale, come si sviluppa il pensiero progettuale, come si mette in piedi una startup oppure come si gestisce il cambiamento in azienda”.
E’ questa la filosofia della generazione R, come Rinascita. Una generazione di manager che si riflette in un libro lontano anni luce dalle tradizionali teorie astratte: ci sono storie di persone, scelte aziendali, percorsi professionali, strategie di mercato. Sperimentando ogni giorno la concretezza di un cambiamento che non è solo uno slogan, ma l’affascinante sfida di chi pensa che sia possibile, anzi doveroso, anticipare il futuro