Dopo le analisi sulle ragioni che hanno portato all’attuale gravissima crisi economica e finanziaria, si amplia sempre di più il ventaglio delle opinioni sulle soluzioni necessarie non solo per uscire dalle difficoltà, ma anche per evitare che altre crisi di questo tipo si possano verificare in futuro. Un obiettivo indubbiamente difficile, al limite del temerario anche perché, come già annotava John K. Galbraith, bisogna evitare quanto avvenuto nel ’29 quando «la Depressione in pieno sviluppo venne affrontata con la ferma determinazione di aggravarla».
E peraltro la soluzione delle crisi finanziarie normalmente produce i germi delle crisi successive. Non a caso, sul banco degli imputati della recessione attuale è stata messa in primo luogo quella politica monetaria particolarmente espansiva che ha preso avvio dalle scelte della Federal Reserve americana sia dopo il crollo in Borsa dal 1987, sia e soprattutto dopo gli attentati del settembre 2001. E in prospettiva non si può che osservare che il sistema globale appare molto più in grado di moltiplicare i segmenti di rischio, più che di creare gli anticorpi necessari a determinare un nuovo equilibrio.
Jacques Attali, autore del rapporto sulla "liberazione della crescita" voluto all’inizio del suo mandato dal presidente francese Nicolas Sarkozy, è uno degli economisti più attenti alle prospettive della globalità, e traccia nel saggio La crisi, e poi? alcuni elementi di fondo per ridare stabilità al sistema finanziario globale. La strategia si muove lungo due linee guida ugualmente importanti: da una parte le regole, che non possono che essere globali e gestite da un’autorità sovranazionale, dall’altra le risorse. Attali pensa a un governo mondiale, a una moneta unica, a una polizia e una giustizia planetaria, a un controllo globale dei mercati finanziari: per affermare tuttavia che «tutto ciò è inattuabile e così sarà per molto tempo ancora».
Allora bisogna rassegnarsi al peggio, al ritorno del protezionimso, al disordine valutario, all’inflazione incontrollata? Qualcosa, sostiene Attali, realisticamete si può fare: accontentarsi di una gestione mondiale minimale dando più poteri a un G-24 e rafforzando anche patrimonialmente il Fondo monetario internazionale. E intanto prepararsi a «cogliere le formidabili opportunità che le nuove tecnologie offrono per inventare un mondo nuovo». Si tratta di governare l’esplosione delle transazioni finanziarie che può ancora avvenire grazie all’allargamento dei sistemi di comunicazione, di creare una solidarietà e una volontà internazionale per contrastare i cambiamenti climatici, di consolidare nuovi parametri etici che convincano del fatto che «l’umanità può sopravvivere soltanto se tutti si rendono conto che vale la pena di comportarsi meglio degli altri».
Ci sono le condizioni per cui la giustizia sociale possa diventare uno dei più importanti fattori di crescita. E in fondo la sfida più importante è quella di riuscire a far diventare lo sviluppo dei paesi poveri il vero motore della salvezza economica dei paesi ricchi.
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Jacques Attali, "La crisi, e poi?", ed. Fazi, pagg. 141, € 16
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Pubblicato sul Sole 24 Ore del 7 maggio 2009