Stato e mercato: l’attualità di Popper

POPPER_cover Sarà lo Stato a salvare il capitalismo. Pur nel suo aspetto paradossale questa affermazione potrebbe sembrare più un auspicio che una previsione. E in effetti l’evoluzione della prima crisi economica globale degli anni 2000 sembra lasciare ancora aperte molte ipotesi di possibile evoluzione. Quello che è certo è che il pendolo delle privatizzazioni ha bruscamente invertito la propria corsa. E in particolare la risposta americana di fronte alla marea montante delle difficoltà finanziarie è stata e continua ad essere quella di uno Stato pagatore di ultima istanza: soprattutto dopo una realistica valutazione del fatto che l’eventuale salvataggio di Lehman Brothers, che in pratica l’unico grande fallimento in questi mesi di crisi, sarebbe costato molto meno degli interventi successivi per limitare gli effetti negativi del fallimento stesso.
Ma c’è il rischio evidente, come in tutte le dinamiche sociali, che il pendolo tra pubblico e privato possa superare il punto di equilibrio e dare corpo alla tentazione di rispondere a un presunto fallimento del mercato con un coinvolgimento sempre più forte dei poteri pubblici.
Di fronte a questa tentazione appaiono di estrema attualità le riflessioni di Karl Popper, raccolte dall’editore Armando in un’antologia di scritti inediti ("Dopo la società aperta") dove si affrontano i maggiori temi in cui il filosofo austriaco ha lasciato il segno. Con in prima fila il problema della conoscenza insieme a quello della dimensione colletttiva, del rapporto tra società e Stato, del senso del potere all’interno della struttura sociale.



E allora se, come afferma Popper in una conferenza del 1963, «lo Stato dovrebbe esistere per il bene della persona umana» ne consegue che «la funzione dello Stato dovrebbe essere quella di servire e proteggere la libera società dei suoi cittadini». È questo il punto centrale di un percorso culturale in cui Popper si dichiara ammiratore del libero mercato, precisando però che «un libero mercato può esistere solo se è protetto da un sistema giuridico, da uno Stato di diritto». Regole quindi, ma regole finalizzate a garantire la libera espressione dei cittadini perchè un sistema economico centralizzato porta con sè una minore libertà per tutti, «non solo, sottolinea Dario Antiseri nell’introduzione, meno libertà di azione, ma meno libero pensiero, meno libertà di dire la verità e come ulteriore conseguenza meno opportunità di scoprire ciò che è vero e ciò che è falso».
Dal profilo economico un sistema centralistico e dirigistico è per sua natura meno efficiente e meno in grado di offrire benefici ai consumatori. La società libera è comunque sempre una società imperfetta, consapevole che avrà sempre bisogno di aggiustamenti successivi, che deve essere capace di imparare dai propri errori in una prospettiva di crescita non solo del benessere individuale, ma anche dell’equità e, magari, anche delle virtù.
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Karl Popper,  "Dopo la società aperta", Ed Armando, Pagg. 610

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Pubblicato sul Sole 24 Ore del 14 maggio