La centralità della formazione in un mondo che cambia. A proposito di intelligenza artificiale in uno degli ultimi numeri “The economist“ faceva un’utopica profezia: abolito il lavoro il mondo avrebbe avuto una crescita senza precedenti. Un’evoluzione possibile, forse riservata ad un futuro fuori dal tempo, ma comunque indicativa di una direzione e soprattutto elemento fondamentale per guardare al mondo come una fucina di cambiamenti e di salti di qualità.
Ma l’intelligenza artificiale è solo una delle tante distruzioni creative che il nostro mondo deve affrontare mantenendosi in equilibrio tra il rischio e le opportunità. C’è il fattore demografico così come l’emergenza ambientale: due fattori che influenzano in maniera sempre più significativa non solo la dimensione sociale, ma le stesse logiche dei business aziendali.
Le soluzioni non sono facili, ma c’è una dimensione, c’è un punto su cui esperti e osservatori concordano: per tutte le organizzazioni, dalle imprese agli enti pubblici, un elemento centrale è la formazione, non solo per la sopravvivenza, ma soprattutto per lo sviluppo e il progressivo adattamento ai cambiamenti di scenario.
E in mondo che cambia, in cui gli schemi sociali si evolvono e i parametri di giudizio devono essere costantemente aggiornati, sarebbe un pericoloso paradosso se le strategie della formazione restassero immutate e l’apprendimento restasse lontano dall’esperienza e dalla visione.
Su quali strade procedere? Lo indicano Andrea Granelli e Nicola Spagnuolo nel libro “Oltre la formazione. Traducibile, memorabile, transdisciplinare: la formazione come strumento per anticipare i tempi”, con prefazione di Enzo Rullani (Hbr Italia, pagg. 128, ebook).
Granelli si definisce “appassionato di leadership, sviluppo del talento e innovazione, mi occupo spesso dei rapporti fra nuove tecnologie e scienze umane e combatto i lati oscuri del digitale”, Spagnolo, è direttore di CFMT Centro di Formazione e Management del Terziario, dopo esperienze di alto livello in aziende e organizzazioni.
Nella sua introduzione Rullani spiega il valore aggiunto del libro, un valore che nasce da una conoscenza “che valorizzi, come viene spiegato, la traducibilità del sapere astratto nell’esperienza differenziata di ciascuno, la memorabilità delle cose rilevanti, dimenticando ciò che ha perso rilevanza nel divenire delle cose, la transdisciplinarità delle competenze che supera i silos cognitivi dell’iperspecialismo a cui una certa prassi del passato ci ha abituato. Recuperando anche il valore delle “arti liberali”, spesso identificate con le cosiddette soft skills, che consentono di andare oltre l’astrazione dei codici e degli algoritmi spersonalizzati, ritrovando il senso della produzione e della vita in cui questa deve acquistare valore, per le persone e le comunità interessate”.
Ci sono molti aspetti su cui Granelli e Spagnuolo si soffermano con originalità e capacità di stupire. Per esempio, la necessità di affrontare e superare quello che viene chiamato “analfabetismo emotivo”. Perché “il disagio emotivo e le irruenze comportamentali crescono a dismisura, anche (ma non solo) a causa degli scenari internazionali sempre più incerti e ansiogeni, che generano prospettive future ancora più incerte e ansiogene.”
Così come viene posto in rilievo come la formazione, soprattutto nell’era dell’intelligenza artificiale, non può essere tradizionalmente addittiva, cioè aggiungendo conoscenze ed esperienze, ma deve riuscire anche a far imparare a dimenticare perché “uno dei temi critici delle piattaforme generative dell’intelligenza artificiale sarà proprio la capacità di disapprendere tutte quelle informazioni e conoscenze che si saranno rivelate o obsolete o addirittura errate perché utilizzate impropriamente o introdotte di proposito per manipolare il sistema e i suoi possibili funzionamenti.”
Il libro è quindi ricco di analisi sociali, di spunti di riflessione, di vere e proprie provocazioni per uscire dal circolo vizioso di un conformismo che si traduce in immobilismo. Perché in un’era in cui il dinamismo contrassegna l’evoluzione tecnologica, sociale, culturale, geopolitica oltre che naturalmente economica e manageriale, parafrasando Darwin, chi vince non è chi ne sa di più, chi è più veloce nell’apprendere, chi conosce le teorie più evolute, ma chi sa adattarsi più rapidamente al cambiamento. Perché il nostro futuro, in ogni campo, sarà quello che noi stessi riusciremo a costruire. Giorno per giorno. Magari riscoprendo La centralità della formazione in un mondo che cambia.