C’è disuguaglianza e disuguaglianza

C’è disuguaglianza e disuguaglianza. Dicono i poeti che “c’è un tempo in cui un uomo distingue l’idea della felicità dall’idea della ricchezza; è l’inizio della saggezza”. Ma si può contrapporre l’aforisma attribuito ad Oscar Wilde “Se il denaro non dà la felicità figuriamoci la miseria”.
Resta il fatto che la ricchezza (di pochi) e la povertà (di troppi) costituiscono un tema di riflessione che si ripresenta costantemente nelle analisi e soprattutto nelle polemiche economiche e politiche. Secondo un vecchio slogan il capitalismo sarebbe il modo migliore per aumentare la ricchezza di pochi mentre il socialismo o il comunismo sarebbero allo stesso modo il modo migliore per distribuire equamente la povertà tra tutti.


Sempre per stare a livello di slogan un giudizio altrettanto diffuso quanto superficiale è quello secondo cui i ricchi diventano sempre più ricchi (ed è comunque vero) mentre i poveri diventano sempre più poveri. Ma questo è meno vero perché l’economia non è un gioco a somma zero dove se qualcuno guadagna ci deve essere per forza qualcuno che perde. E infatti negli ultimi decenni insieme alla crescita del mondo occidentale si è sensibilmente ridotta l’area della povertà, del sottosviluppo di quello che una volta si chiamava Terzo Mondo.
E peraltro le disuguaglianze sono un dato di fatto di un’economia dinamica, come ha dimostrato all’inizio del secolo scorso Wilfredo Pareto, uno dei più grandi economisti italiani che ha aperto la strada ad un’interpretazione multidisciplinare della realtà mettendo in primo piano un approccio sociologico da una parte ed emotivo dall’altra.
Eamonn Butler, economista inglese, direttore dell’Adam Smith Instiute, affronta questo tema in un libro agile, quanto approfondito (Eamonn Butler, Il valore delle disuguaglianze, Ed. Liberilibri, pagg. 144, € 16). Un libro che va controcorrente rispetto a una narrazione secondo cui la riduzione delle disuguaglianze e una vigorosa redistribuzione del reddito dovrebbero essere messi in prima fila tra le priorità politiche e sociali.
Se è vero che l’attuale sistema capitalistico-finanziario consente che pochi supermanager possano guadagnare in un mese, tra stipendi e bonus, quello che un normale lavoratore non riesce a guadagnare in una vita, è altrettanto vero che le condizioni di vita e i redditi medi sono progressivamente migliorate negli ultimi decenni. “L’aumento della produttività e della crescita economica – sottolinea Butler – ha generato enormi progressi nelle condizioni di vita di tutti. Oggi nei paesi sviluppati i poveri vivono meglio, con più comodità quotidiane, di quanto gli aristocratici di ieri potessero sognare.”
E’ vero, esiste una povertà diffusa, come non si nasconde le stesso Butler, una povertà che tuttavia andrebbe combattuta non limitando le potenzialità dei ricchi, ma con interventi sociali soprattutto sul fronte dell’istruzione e della sanità. Il compianto primo ministro svedese Olaf Palme è passato alla storia anche per una frase emblematica: “Noi democratici non siamo contro la ricchezza, ma contro la povertà. La ricchezza, per noi, non è una colpa da espiare, ma un legittimo obiettivo da perseguire. Ma la ricchezza non può non essere anche una responsabilità da esercitare”. Una perfetta sintesi del libro di Butler. Perché c’è disuguaglianza e disuguaglianza

  • habsb |

    E’ notevole come riusciamo a berci delle frasi false e assurde solo perché sono state enunciate da personaggi famosi.
    “Oggi nei paesi sviluppati i poveri vivono meglio, con più comodità quotidiane, di quanto gli aristocratici di ieri potessero sognare”
    Stiamo scherzando ? Una semplice visita al castello di Blair in Scozia mostra a tutti quale era il livello di vita del suo felice proprietario, da paragonare ai tuguri insalubri dove molti poveri odierni sono stipati quando non sono nel lungo e penoso viaggio quotidiano che li porta al lavoro, se ce n’hanno uno.
    “Ma la ricchezza non può non essere anche una responsabilità da esercitare”
    eh no! la responsabilità verso gli altri non è del ricco, ma del funzionario o politico eletto e pagato profumatamente per occuparsi del bene comune con un utilizzo trasparente dei fondi ottenuti da una tassazione ragionevole .

    Le disparità economiche sono un fatto della vita e della natura delle cose, è semplicemente impossibile sopprimerle. La confisca dei beni dei ricchi non fa che creare un soggetto istituzionale ancora più ricco producendo la più estrema delle disuguaglianze.
    Quanto alla redistribuzione, è anch’essa inefficace, vuoi perchè intercettata dai più abili, anche se ricchi, vuoi perchè finisce suo malgrado nelle tasche dei ricchi, dopo che i poveri hanno speso il denaro ottenuto in beni dal prezzo di vendita gonfiato proprio grazie al denaro redistribuito.

    Le disparità economiche hanno anche un lato positivo perchè stimolano ciascuno a dare il meglio di sé nel lavoro, ma solo a condizione che tali disparità restino ragionevoli e correlate al lavoro effettuato.
    E’ un fatto poco noto che nella società ultraliberale degli USA di fine ottocento, il potentissimo banchiere JP Morgan faceva rispettare un rapporto massimo di 20 fra il più basso e il più alto stipendio delle numerosissime grandi imprese che possedeva. Cio’ permetteva di creare un sentimento di orgoglio e fierezza in tutti gli impiegati, a cui nulla sembrava impossibile.
    Oggi non è più cosi’, un tale rapporto è più prossimo a 20mila, e chi è in basso prova solo sofferenza, indifferenza e risentimento nei confronti di “colleghi” che intascano in una sola settimana più di quanto lui potrà guadagnare in tutta la sua vita.
    Allora: fare il minimo per non essere licenziato, partecipare agli scioperi e agitazioni sindacali, lavorare in nero, approfittare di tutte le occasioni lecite o illecite per recuperare una parte di quel denaro che circola a fiumi altrove

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