E' stato in maniera quasi unanime il titolo scelto dai quotidiani per la relazione del presidente Giorgio Squinzi all'assemblea annuale di Confindustria. "Il Nord sull'orlo del baratro". Un'analisi forte, drastica quanto efficace. Ma è interessante osservare come questa denuncia sia stata collocata da Squinzi in uno scenario di forte richiesta di uno "Stato amico" capace di guardare all'impresa come una realtà produttrice di ricchezza e con solo come una mucca da mungere. Uno Stato che offra le regole necessarie perchè il mercato possa funzionare al meglio: perchè il Nord, così come l'Italia, ha una grande dotazione di risorse umane che possono e devono essere valorizzate.
Ecco le parole di Giorgio Squinzi: "Confermo oggi la mia analisi dello scorso anno. Contemporaneamente al rilancio del Mezzogiorno dobbiamo affrontare con decisione la questione settentrionale, la sua perdita di connessione con la dimensione europea e una crescente difficoltà di integrazione nel ristretto novero delle regioni industriali forti del nostro continente. Abbiamo conosciuto il nord Italia come una realtà in continuo movimento e crescita, ne abbiamo vissuto le metamorfosi del tessuto imprenditoriale, dalle grandi imprese alla nascita dei nuovi protagonisti: la media impresa, i distretti, le reti di oggi, fino al quarto capitalismo. Ne abbiamo condiviso i processi di evoluzione, dalla terziarizzazione, alle riconversioni territoriali, ai nuovi circuiti finanziari, alle competenze mobilitate dall’economia della conoscenza. Ora il motore di questo straordinario modello economico e produttivo batte in testa e manda chiari segnali di allarme che non possiamo lasciar cadere inascoltati, se si vuole che il nostro Paese, tutto, abbia un futuro. Per ritornare al nord trainante le vie sono quelle che abbiamo detto: credito, fisco, giustizia, semplificazione, infrastrutture, uno stato amico, cioè un ambiente in cui l’impresa può crescere senza ostacoli e competere ad armi pari con i concorrenti. Ciò che manca è il tempo, bruciato nelle parole spese
vanamente, perché il nord è sull’orlo di un baratro economico che trascinerebbe tutto il nostro paese indietro di mezzo secolo, escludendolo dal contesto europeo che conta. "