Il concetto di mercato attraversa tutta la storia del pensiero economico. Con Aristotele, nel terzo secolo avanti Cristo, si hanno le prime indicazioni analitiche sull’importanza dello scambio, del commercio, della moneta e della divisione del lavoro. Con Tommaso d’Aquino vengono proposti i primi giudizi di merito con qualche apertura significativa, per l’epoca, sulla liceità degli interessi sui prestiti superando la tradizionale condanna dell’usura. Ma è con gli economisti classici, e quindi soprattutto con Adam Smith, che il mercato entra alla grande come fondamento della realtà economica come strumento di espressione della libertà di produttori e consumatori: in particolare con quella “mano invisibile” capace di trasformare il perseguimento degli interessi individuali nella progressiva conquista di un sempre maggiore benessere collettivo.
La crisi economica degli ultimi mesi è stata definita da molti anche insigni economisti, come il Nobel Joseph Stiglitz, come un fallimento del mercato, come un segno definitivo dell’incapacità di autoregolarsi da parte del modello economico fondato sul capitale e sul libero scambio.
Che qualche problema ci sia, a livello di sistema, nessuno lo nega. Più controverso è il dibattito sulle soluzioni possibili, sulle strade da prendere e sulle medicine da prescrivere per curare l’attuale e soprattutto evitare crisi future. Per fortuna la crisi del 2009 è avvenuta vent’anni dopo quella che nel 1989 travolse i modelli di socialismo reale, modelli che sono stati l’unica contrapposizione storica all’economia di mercato. E così l’alternativa alle carenze del libero mercato non può che essere un sistema fondato sugli stessi principi, ma capace di coniugare la libertà con la giustizia, il lavoro con la ricchezza, il merito con la dignità delle persone.
E’ l’ipotesi di Luigino Bruni: “La grande operazione che ci attende è andare oltre questa economia di mercato senza rinunciare alle conquiste di civiltà che tale sistema economico e sociale ha consentito di raggiungere negli ultimi secoli” e quindi recuperare quella “fraternità senza la quale la vita, individuale e sociale, non fiorisce”. La sfida è indubbiamente altrettanto temeraria quanto ricca di fascino. Coniugare i valori positivi del mercato, con in primo piano la libertà, l’iniziativa, il premio, con le risorse di una umanità che ha tanti altri valori oltre a quelli misurabili con i parametri della moneta. Per questo tuttavia non basta il richiamo all’etica, è necessario costruire un ethos, cioè un ambiente, uno stile di vita, un modo di concepire i rapporti economici essenzialmente come relazione in grado di arricchire insieme i singoli e la comunità. Senza fondamentalismi e senza dogmatismi, anzi con la libera espressione di visioni anche lontane, con il costruttivo confronto di valori che possono appartenere a diverse tradizioni.
In fondo non solo un mercato dal volto umano, ma tanti volti riconoscibili; tanti volti quante sono le persone che lo compongono.
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Luigino Bruni, L’ethos del mercato, Ed. Bruno Mondadori, pagg. 240, € 18
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Pubblicato sul Sole 24 Ore del 25 marzo