“Il prezzo è il valore economico di un bene o di un servizio espresso in moneta corrente che varia in base alle modifiche della domanda e dell’offerta: nel prezzo si concentra tutta l’informazione a disposizione degli agenti economici”. E’ questa la definizione che si può comunemente trovare nei dizionari. Il prezzo può agevolmente essere considerato la pietra angolare delle teorie economiche che si sono susseguite nel corso degli ultimi secoli dando vita addirittura a correnti di pensiero come il marginalismo, la teoria del valore, che supera insieme la visione classica e marxista. Delineata in particolare da Carl Menger, considerato il fondatore della scuola austriaca, la teoria marginalista definisce il valore di un prodotto non più solo sulla base dei costi di produzione, ma "dell'importanza che il consumatore attribuisce al prodotto stesso". Quindi il prezzo, per effetto della teoria della domanda e dell’offerta da una parte e della competizione tra le imprese dall’altra, si può
avvicinare sempre di più a quello che viene chiamato il costo “marginale”, il costo dell’ultimo pezzo prodotto che incorpora solo i costi variabili e non i costi fissi.
Ora, nell’era di internet, c’è qualcosa di nuovo sotto il sole. Se il costo marginale di produzione di un qualunque bene tradizionale può certamente tendere allo zero, ma non lo può mai raggiungere, questo può non essere vero per i i beni immateriali, virtuali, cognitivi. Il software e l’informazione sono tra questi ed è significativo che proprio in questi due settori si sia sviluppata maggiormente una nuova area economica, quella del gratuito.
Il perché lo spiega Chris Anderson, direttore dell’edizione Usa di Wired e già autore di una delle più originali analisi del fenomeno Internet, “La coda lunga”. Nel suo ultimo libro “Gratis” (Free, The Past and Future of a Radical Price, nell’edizione originale) Anderson sottolinea come Internet sia “il mercato più competitivo che il mondo abbia mai visto e il costo marginale delle tecnologie su cui si basa – potenza di calcolo, banda e spazio di archiviazione –ogni anno si avvicinano sempre di più allo zero. Il Gratis diventa non solo una possibilità, ma un esito inevitabile”.
Ma se i prodotti sono gratis chi copre i costi, almeno i costi fissi, delle aziende? Il paradosso Google è la risposta più evidente. Google offre gratuitamente gran parte dei suoi prodotti, soprattutto quelli a più larga diffusione come il motore di ricerca e la posta elettronica, ma con questa strategia raggiunge tre obiettivi: allarga rapidamente il proprio mercato, fa diventare più attraente la pubblicità sui propri prodotti, ottiene (gratuitamente) un’enorme banca dati sugli interessi e le attività dei propri clienti. La strategia vincente è allora quella di trasformare un’evoluzione tecnologica in una strategia di marketing. Anche perché è sempre meno vero quel comune sentire secondo cui il prezzo di un bene è direttamente proporzionale al valore: nel regno dei bit anche un bene gratuito può anche essere estremamente utile. Soprattutto se chi alla fine ne paga i costi è qualcun altro.
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Chris Anderson, “Gratis”, Ed. Rizzoli, pagg, 286, € 19,50
Pubblicato l'8 ottobre sul Sole 24 Ore