I giovani sono un protagonista nascosto nel dibattito, invero non molto esaltante, sui modi con cui la politica può e dovrebbe intervenire per affrontare i nodi della crisi economica e finanziaria. L’indicazione strategica del presidente, Giorgio Napolitano, «trasformare la crisi in opportunità» avrebbe potuto offrire più di un elemento di riflessione anche per il riferimento esplicito alla necessità di intervenire «per riformare un sistema di protezione sociale squilibrato e carente, per elevare, a favore dei figli delle famiglie più modeste, le possibilità di istruzione fin dai primi anni e di ascesa nella scala sociale».
Già i figli. Il mettere mano alle riforme strutturali potrebbe essere un’occasione preziosa per ribaltare quegli squilibri sociali che fanno essere la società italiana quella che offre ai giovani minori garanzie e più limitate opportunità e che nello stesso tempo fa pagare loro i costi maggiori (attuali e in prospettiva) di un sistema di protezione sociale fortemente sbilanciato verso gli anziani.
Le denunce di questa realtà non sono nuove, ma sono sempre cadute praticamente nel vuoto. Era il secolo scorso (il 1997) quando venne pubblicato il saggio di Nicola Rossi, (Meno ai padri, più a figli) in cui si proponeva con estrema chiarezza la necessità di un patto generazionale che attuasse una profonda modifica del sistema di welfare, allora come ancor più oggi, teso a premiare gli anziani alle spalle dei giovani. Più recente, ma non meno inascoltata, l’analisi di Tito Boeri e Vincenzo Galasso, Contro i giovani, così l’Italia sta tradendo le nuove generazioni. Un atto d’accusa chiaro ed esplicito contro l’incapacità della classe dirigente italiana di offrire, non tanto una soluzione, quanto almeno un’indicazione di percorso per dare ai giovani maggiori speranze nel loro futuro.
Proprio i giovani e il conflitto tra generazioni è ora la parte centrale del libro ("L’Italia in gabbia", ed. Università Bocconi, pagg. 252, € 14) in cui il rettore dell’Università Bocconi, Guido Tabellini, ha raccolto gli articoli scritti in questi ultimi anni in gran parte per il Sole 24 Ore. «La condizione precaria dei giovani – scrive Tabellini – non è casuale, ma è il frutto di regole economiche che, per proteggere alcune categorie, tolgono opportunità a tutti gli altri». È così che l’Italia diventa il Paese dei paradossi e degli sprechi: ha la vita attesa più lunga e l’età di pensionamento più bassa, la quota di anziani e donne inattive più elevata e il cuneo fiscale sul lavoro più grande, la scuola meno efficiente per introdurre sul mercato del lavoro e il tasso di disoccupazione giovanile tra i più alti.
Il tutto grazie alla miopia della politica, a destra come a sinistra, anche per assecondare la volontà di un sindacato che non ha perso occasioni per dimostrarsi, su questo tema, una forza essenzialmente conservatrice e garantista. Mancano così all’appello le sostanziali riforme della scuola e dell’università, le profonde modifiche dei contratti e del mercato del lavoro, le liberalizzazioni delle professioni e dei servizi così come un aggiornamento dell’immenso e complesso sistema del welfare. Tutte realtà che limitano le potenzialità dei giovani. Ma sulle ipotesi di riforma il sindacato ha sempre fatto pesare la forza del "no". Allungando l’elenco delle opportunità perdute.
Pubblicato sul Sole 24 Ore dell’8 gennaio 2009