Milano ha conquistato l’Expo 2015. Ha giocato alla grande mostrando i suoi lati più belli: la cultura, la vocazione internazionale, la capacità imprenditoriale, la creatività. Ha saputo abilmente mettere in secondo piano i problemi come la sfortunata coincidenza della crisi di Alitalia e dello svuotamento di Malpensa. Ha puntato sul gioco di squadra tra le istituzioni e nella società reale. L’appoggio della Provincia, governata dal centro-sinistra è stato appassionato e sincero, così come quello della Regione, governato dal Centro-destra.
Così come non va dimenticata la scelta del Governo che ha posto il Comune nelle condizioni di giocare bene le proprie carte raccogliendo l’adesione convinta dei grandi protagonisti dell’economia, dall’Assolombarda alla Camera di Commercio, dalle associazioni dei commercianti a quelle degli artigiani.
Può sembrare un luogo comune dire che questa assegnazione dell’Expo 2015 non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. In sei anni dovranno essere realizzate opere e infrastrutture, dovranno essere perfezionati i progetti, dovrà essere resa accogliente una città che ha già tanti cantieri aperti. Ma non dovranno essere solo i padiglioni il centro dell’esposizione: dovrà essere tutta la città che in questo progetto potrà trovare l’occasione di un rilancio non solo nell’edilizia, ma anche nel proprio essere comunità. Le relazioni con il mondo non possono che cominciare dal fondare in maniera costruttiva i rapporti con le persone, con l’ambiente, con i problemi veri di tutti. E Milano dovrà anche essere il testimone di un’Italia che deve poter mostrare il suo volto migliore. E per molte cose, forse le più importanti, senza aspettare il 2015