C’è una interessante rivincita della storia nella decisione del presidente Vladimir Putin, di esigere ai paesi occidentali il pagamento in rubli delle esportazioni russe in particolare di quelle di gas e petrolio. Nel giugno del 1919, poco più di un anno dopo la Rivoluzione d’ottobre, il Comitato esecutivo centrale di tutte le Russie ordinò infatti di elaborare forme di regolamento non monetario in vista di un’abolizione totale del denaro. Era questa l’ispirazione che aveva segnato i primi passi del nuovo regime dopo la caduta dello zar: tutte le banche erano state nazionalizzate e il debito pubblico era stato azzerato in attesa di un’economia socialista fondata non più sui capitali, ma sui Piani poliennali e sulla centralizzazione delle decisioni.
Lo stesso Vladimir Ilich Lenin aveva tuttavia consigliato prudenza di fronte alla volontà di abbattere qualunque vestigia del capitalismo. E anche Marx ed Engels avevano sostenuto che la realizzazione del socialismo avrebbe richiesto tempo e gradualità. E la moneta, quindi, considerato l’arma più potente della borghesia, doveva continuare ad esistere per i commerci con le nazioni che ancora stentavano ad entrare nel nuovo paradiso della classe operaia. Comunque, l’esito a medio termine non era messo in discussione: quando saremo vittoriosi su scala mondiale, aveva assicurato Lenin, useremo l’oro per costruire gabinetti pubblici nelle maggiori città del mondo.
Pochi mesi dopo la propaganda lasciò comunque spazio al realismo. Agli inizi del 1921 il nono congresso dei soviet di tutte le Russie approvò una nuova politica economica, basata sulla stabilità della moneta e sugli scambi all’interno e all’estero. E lo stesso Stalin, pochi anni dopo, affermò che il denaro, strumento dell’economia borghese, era stato preso nelle mani del potere sovietico che lo ha adattato alle esigenze del socialismo.
Sono passati cent’anni e il denaro non solo è rimasto un insostituibile pilastro dell’economia mondiale, ma è anche diventato, almeno nelle intenzioni di Putin, un’arma per affiancare sul fronte economico l’offensiva di bombe e missili sul fronte militare. Un’arma soprattutto per contrastare le sanzioni occidentali che peraltro hanno avuto proprio il denaro come elemento strategico: dall’esclusione della Russia dal sistema internazionale dei pagamenti al blocco degli averi russi all’estero, dalla chiusura delle attività economiche alla sospensione dell’operatività delle carte di credito.
Quattro quindi gli obbiettivi fondamentali di Mosca: mettere in difficoltà anche con la moneta i paesi considerati ostili fortemente dipendenti dalle importazioni di energia; riprendere il controllo della circolazione monetaria, ponendo un argine alla perdita di valore del rublo sul mercato dei cambi; sollecitare la ripresa dei commerci, in particolare delle esportazioni; attaccare il ruolo del dollaro come mezzo di pagamento e di riserva internazionale.
Lo scontro sul denaro appare ancora aperto ed è in ogni caso auspicabile che arrivi prima il processo di pace e che su tutte le frontiere tornino a circolare le merci e i capitali e non i profughi e i carri armati.