Le radici etiche e funzionale di ogni impresa hanno radici lontane. Il 2019 ha intrecciato i suoi giorni con le celebrazioni dei cinquecento anni della morte di Leonardo Da Vinci. Mostre, incontri, convegni hanno ricordato la grandezza di uno dei maggiori geni italici, grande in particolare per la sua multiforme presenza nel campo dell’arte e per la profondità scientifica dei suoi progetti e delle sue realizzazioni.
Proprio la figura di Leonardo può essere considerata emblematica del carattere di quell’epoca che viene chiamata Rinascimento, un’epoca che ha avuto i suoi grandi interpreti anche in Filippo Brunelleschi, in Raffaello, in Michelangelo. Ma l’elenco potrebbe essere molto ampio ed esteso a gran parte dell’Italia. Con un carattere che ha accomunato queste grandi personalità pur in forme diverse: la capacità di unire l’estetica, il bello, con la tecnica, in particolare con l’ingegneria e l’architettura.
In questa prospettiva appare significativo riscoprire una storia che ha posto l’Italia in primo piano nel mondo e sottolineare gli elementi distintivi che hanno caratterizzato quest’epoca. Perché tecnica e bellezza, come ha insegnato anche la troppo breve esperienza di Adriano Olivetti, sono i due parametri su cui può e deve essere costruita una strategia vincente per ogni singola impresa e per il sistema Italia nel suo complesso.
È questa in fondo la logica del “Made in Italy” quel “bello e ben fatto” che costituisce il punto di forza di una delle realtà positive dell’economia italiana: dalla moda al design, dalla tecnologia dei componenti allo sviluppo di soluzioni innovative.
Con un punto che non è solo uno slogan: una centralità della persona che diventa elemento fondante delle strategie di impresa. C’è una trasformazione interessante, per esempio, che si sta realizzando nelle business school, nelle scuole di management che sono particolarmente importanti in una realtà come quella italiana dove spicca la dimensione delle piccole e medie imprese e dove gran parte di queste imprese si trovano di fronte a una difficile esigenza di passaggio generazionale. Le business school stanno infatti integrando la tradizionale visione aziendale, di stampo americano e basata sulla funzionalità organizzata delle competenze, con una prospettiva in cui si riscoprono i valori personali in tutte le dimensioni dell’impresa.
In questa direzione la lezione della storia appare fondamentale anche per ricostruire quella fiducia che costituisce il motore principale di ogni attività economica. Come insegna il volume curato da Marzio Bonferroni, tra i maggiori esperti italiani di marketing, che ha come titolo “Rinascimento oggi” (Ed. Egea, pagg. 326, € 38). Un libro che raccoglie alcuni saggi dove si passa dall’analisi delle opere e del pensiero dei grandi personaggi alla riflessione concreta sulla realtà attuale.
Il saggio di Marco Vitale, per esempio, invita a “riprendere i modelli dell’impresa toscana, lombarda, genovese, veneziana quando l’imprenditore italiano era ai vertici mondiali e contemporaneamente creava modelli di città, di benessere serio, di convivenza civile. Andiamo a Siena a riflettere come i grandi lanaioli e mercanti senesi abbiano al contempo creato ricchezza e una grande cattedrale, un grande palazzo del popolo, una grande banca (che proprio ai nostri giorni hanno tentato di distruggere), un grande ospedale, organizzazione esemplare per tutta Europa. Siena – afferma Vitale – è la testimonianza viva che non esiste conflitto tra buona economia imprenditoriale e umanesimo civile”.
È proprio l’umanesimo il filo conduttore di un’analisi che diventa racconto, di una vicenda storica che costituisce realmente una maestra di vita. Perché si sta finalmente riscoprendo che ogni impresa può crescere solo nella dimensione dell’etica dei comportamenti, di quella che ora chiamiamo sostenibilità.