“Con l’avvio del nuovo anno scolastico stanno venendo al pettine i nodi delle riforme di quella riforma che era stata chiamata “buona scuola”. Mi riferisco soprattutto all’ampliamento dell’obbligo di avviare progetti di alternanza scuola-lavoro a tutte le classi degli ultimi tre anni delle scuole superiori”. Inizia così una lettera che mi ha inviato un docente che, per non compromettere i rapporti con i propri colleghi, ha chiesto di rimanere anonimo. “La buona volontà dei docenti, e mi ritengo tra questi – afferma infatti – si scontra con i malumori di altri colleghi, con i ritardi dell’istituzione scolastica, con la scarsa disponibilità delle imprese ad offrire collocazioni utili a conoscere meglio il mondo del lavoro. Anche tra gli studenti gli atteggiamenti sono molto diversi: ce ne sono di entusiasti di compiere nuove esperienze, ma la maggioranza è molto scettica sulle possibilità offerte, possibilità che peraltro riguardano tipologie molto diverse, alcune veramente di livello molto basso. Mi chiedo – conclude il docente – se non sarebbe stato meglio introdurre nei programmi scolastici nuovi elementi legati alle innovazioni e alle competenze professionali sempre più richieste”.
Il tema è indubbiamente di forte attualità nel mondo della scuola alle prese con i tanti problemi che contraddistinguono ogni inizio di anno. E quindi, questa la mia risposta, sarebbe un miracolo se non ci fosse nessun intralcio all’avvio di un’esperienza complessa e diversificata come l’ampliamento dell’alternanza scuola-lavoro. E sarebbe un’ambiziosa utopia pensare che tutti gli studenti abbiano lo stesso atteggiamento costruttivo di fronte ad una possibilità di cui non si vede l’utilità immediata. Quello che appare importante è che si consolidi un processo insieme culturale e operativo che porti la scuola ad essere sempre più vicina alla società e che aiuti le imprese a valorizzare il potenziale capitale umano che è racchiuso nei giovani.
In questa prospettiva sono da sottolineare le iniziative concrete che si stanno svolgendo in molte realtà con gli incontri che sono stati chiamati “Alternanza day” (a Milano si è tenuto giovedì 5 ottobre, a Bari si terrà giovedì 12), iniziative promosse dall’Unioncamere per far incontrare tutti i protagonisti: scuole, imprese, associazioni imprenditoriali, enti non profit, istituzioni locali. Le Camere di commercio gestiscono il Registro nazionale per l’alternanza scuola/lavoro e hanno stanziato fondi per favorire e finanziare iniziative di particolare interesse.
Gli esempi degli altri paesi europei, come Gran Bretagna o Germania dove l’alternanza ha una lunga tradizione, dimostrano come queste esperienze possono essere particolarmente utili per aiutare i giovani ad entrare, dopo la scuola, nel mondo del lavoro. Per rispondere all’ultima parte della sua lettera mi lasci dire che le competenze sono un elemento indispensabile, ma la conoscenza pratica ed operativa, il rapporto con gli altri, il partecipare a processi produttivi o di servizio appaiono altrettanto importanti. Si tratta di trovare, come in molti altri casi, un punto di equilibrio. Sia per la scuola, sia per le imprese, e quindi sia per gli studenti che per gli imprenditori, l’alternanza scuola/lavoro non deve essere considerata un fastidio o un costo, ma un investimento per allargare gli orizzonti e creare nuove opportunità. Anche per affermare la dignità di ogni lavoro e quindi la dignità di ogni persona.
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Lettera pubblicata sul Sole 24 Ore del 10 ottobre