I risultati elettorali del 13/14 aprile hanno aperto la strada ad una vasta, interessante, approfondita analisi del perchè la sinistra estrema, quella che si era ribattezzata con l’arcobaleno, sia stata cancellata dalla rappresentanza parlamentare. Tra le analisi più attente quella di Carlo Clericetti sul blog /rivista "Eguaglianza e libertà" soprattutto dove dice: "Quanto alla sinistra, è tradizionalmente essa a difendere il ruolo dello Stato (giusto, ma non senza cambiare niente!), a difendere la redistribuzione geografica delle risorse (giusto, ma non senza chiedere in cambio di aumentare l’efficienza e ridurre gli sprechi!), ad offrire rappresentanza ad ogni protesta non raramente in modo acritico. Ha pagato duramente questa mancanza della capacità (e prima ancora della volontà) di separare il grano dal loglio." In primo piano quindi l’incorenza di chi predica bene (almeno in teoria) e razzola male stando sui balconi e nelle anticamere dei palazzi. Se posso permettermi un giudizio dall’esterno c’è un punto su cui vorrei soffermarmi, quello della rappresentanza della protesta. E’ vero: la sinistra ha sposato molto più i diritti individuali che non il benessere collettivo, più le minoranze aggressive che le maggioranze più o meno silenziose. Ma, secondo me, l’errore più grave è quello di aver trasformato la difesa (doverosa) dei diritti, in una esaltazione (temeraria) dei valori. Prendiamo l’omosessualità: un conto è difendere un diritto soggettivo, altra cosa è considerare questa realtà un valore umano e sociale. La sinistra è stata travolta anche per aver perso rigore morale e sensibilità popolare. La falsa modernità è diventata snobismo culturale: con tutto il rispetto non ci si può stupire se i ceti popolari, gli operai, la gente comune (quelli che dovrebbero essere il riferimento naturale della sinistra) non si sono sentiti rappresentati da Luxuria.
PS: liberissimi ovviamente di non condividere questo giudizio (ma se non la condividete dimostrate semplicemente di esservi meritata la sconfitta)