La strategia aziendale crea responsabilità sociale. Nel mio percorso professionale e umano, soprattutto nei trent’anni al Sole 24 Ore, fortunatamente ho avuto spesso a che fare con un’economia fatta non solo di numeri, di percentuali, di risultati di bilancio. E guardando alle imprese ho potuto cogliere la volontà degli imprenditori di esprimere il loro impegno non solo nel pur necessario profitto e nella crescita, ma anche nell’apertura alla dimensione esterna con una sensibilità che coinvolgeva la dimensione etica oltre che economica.
Certo, il motivo di fondo era anche quello di migliorare l’immagine e la reputazione, e quindi le potenzialità di ottenere risposte positive dai mercati, ma questo non diminuisce il valore di interpretare l’impresa non solo come luogo di produzione, ma anche e soprattutto come spazio di senso. Ogni decisione, ogni strategia, ogni relazione porta con sé un valore, esplicito o implicito. E proprio quei valori – spesso trascurati o dati per scontati – sono ciò che rende un’impresa capace di durare, di ispirare, di generare fiducia. C’è un capitale sociale che va oltre il capitale finanziario, c’è la dimensione delle relazioni a 360°, una dimensione che va oltre gli stretti interessi della produzione.
Sono queste riflessioni che nascono leggendo il libro curato da Marco Vitale e Vittorio Coda “Pensiero e approccio strategico – Patrimonio comune dell’impresa” (Ed. Guerini Next, 2025, pagg. 320, € 28), un libro che raccoglie interventi e documenti sviluppati nell’esperienza di un’Academy organizzata da Vitale Zane & Co. che ha riunito alcuni tra i più autorevoli protagonisti del sistema delle imprese.
Come scrive Marco Vitale: “In un tempo segnato da cambiamenti rapidi e da una crescente complessità, credo sia fondamentale tornare a interrogarsi sul “perché” dell’agire imprenditoriale. Non basta sapere “come” fare impresa: bisogna riscoprire il “perché” e il “per chi”. È da questa consapevolezza che nasce il mio interesse per il pensiero strategico come patrimonio comune, come cultura condivisa, come leva per costruire futuro.”
Nelle pagine del libro emerge con chiarezza il grande spessore della tradizione italiana della cultura d’impresa, una cultura che nasce da lontano, da classici come “Il libro dell’arte di mercatura” di Benedetto Cotrugli che a metà del Quattrocento già delineava con chiarezza le tematiche della responsabilità sociale, della formazione permanente, dell’importanza delle competenze tecniche, della visione a lungo termine comprendendo in questo anche il passaggio generazione.
Con un profondo contrasto con la cultura manageriale che ha avuto il sopravvento negli ultimi anni, quella cultura anglosassone che non solo predicava la massimizzazione del profitto, ma che riduceva l’impresa ad un meccanismo astratto da governare con equazioni predefinite.
L’impresa moderna, in uno scenario di grande complessità come l’attuale, ha bisogno invece di mettere in fattore umano in prima fila. Perché non c’è intelligenza artificiale che tenga di fronte all’esigenza di coniugare intuizione, emozioni e passione con la l’esperienza e la competenza. Come scrive Vittorio Coda “le parole chiave sono: coinvolgimento, apprendimento continuo, snellezza e flessibilità”.
Il libro, che potremmo definire un’antologia della strategia aziendale, ha il pregio di raccontare alcuni casi concreti di imprese che hanno avuto il coraggio di applicare pragmaticamente quella cultura italiana di impresa che ha alla base la valorizzazione del personale, il rapporto con l’ambiente, la cura del prodotto (“bello e ben fatto”), lo sviluppo della tradizione guardando comunque al futuro. Si parla così, per esempio, della fabbrica delle biciclette Bianchi, esempio di connubio tra innovazione e tradizione, e degli scambiatori di calore Lu-Ve, un’azienda cresciuta con aggregazioni successive trasformandosi da piccola azienda a vera e propria multinazionale.
Significativa la conclusione di Gianfranco Dioguardi che nella postfazione sottolinea il fatto che “emerge una priorità di formazione culturale soprattutto nei confronti dei giovani, perché siano in grado di affrontare una nuova frontiera nella quale si sentano imprenditori di sé stessi, in grado di definire strategie e obbiettivi adeguati a configurare strutture flessibili e reticolari atte ad affrontare i cambiamenti costanti, imprevedibili e spesso di dimensioni straordinarie”.
Ci sono parole come sostenibilità, responsabilità sociale, risorse umane, capitale sociale, che rischiano di essere semplici etichette. Questo libro costituisce invece un itinerario per dimostrare come teoria e pratica, interessi e valori, possono andare di pari passo. Rendendo la stessa crescita delle imprese più solida e capace di affrontare sfide sempre nuove. Con uno stretto rapporto tra strategia aziendale e responsabilità sociale