Rigenerare, oltre la sostenibilità. La sostenibilità è ormai una parola d’ordine, un punto fermo della responsabilità sociale delle imprese. In primo piano c’è con sempre maggior forza la crisi ambientale, la necessità di contrastare i cambiamenti climatici con scelte operative e piani strategici che riducano progressivamente le emissioni nocive, privilegino le energie rinnovabili, preservino gli equilibri ambientali. Si parla molto di decarbonizzazione, di riduzione delle emissioni di anidride carbonica, si parla meno delle scelte che oltre ridurre il danno possono diventare fattori positivi e costruttivi.
Allo stesso modo si possono osservare con attenzione quei processi che all’interno delle imprese e delle organizzazioni sociali possono costituire passi in avanti per migliorare l’ambiente di lavoro, per costruire migliori relazioni umane, per valorizzare le potenzialità creative dei collaboratori. Perché una vera sostenibilità non può che passare attraverso una visione a 360 gradi che punti non solo a salvaguardare l’esistente, ma anche e soprattutto a “rigenerare”, a creare un processo dinamico a tutti i livelli lottando contro la crisi climatica e le disuguaglianze sociali.
E questa la prospettiva in cui si muove il libro di Niels de Fraguier e Stephen Vasconcellos “L’impresa rigenerativa, guidare il cambiamento ai temi della crisi planetaria” (Ed. Guerini next, pagg. 256, € 29,50), un libro in cui i due autori presentano i frutti della loro lunga esperienza di collaborazione con le grandi agenzie internazionali unita alla promozione di iniziative sociali e culturali.
Come si legge nell’introduzione “per gli autori la rigenerazione abbraccia un approccio sistemico e integrale al business, che mira a ristabilire, restaurare e rinnovare le risorse naturali, sociali ed economiche, basato su quattro princìpi fondamentali: la giusta relazione con la natura, l’elevazione del potenziale umano, la creazione di valore per tutti e il rispetto per il luogo e la comunità”.
Non si tratta solo di teorie o di progetti astratti. Nel libro ci sono 120 casi concreti di aziende che rientrano, esplicitamente o implicitamente, nella categoria B, dove B sta per Benefit. Imprese che, pur mantenendo il profitto come obiettivo, affiancano comportamenti in grado di sviluppare positivamente i rapporti con gli stakeholder, cioè i dipendenti, i collaboratori, le istituzioni locali, l’ambiente esterno. Con l’ottica di apportare miglioramenti, in qualche modo riparare i guasti, adottare una resilienza costruttiva, sfruttare i lati positivi del cambiamento.
C’è un decalogo con i principi di fondo che guidano le imprese rigenerative: 1. Hanno un proposito evolutivo. 2. Hanno una visione del mondo dei sistemi viventi. 3. Favoriscono il benessere, la partecipazione e la resilienza. 4. Rispettano la località. 5. Sviluppano più forme di capitale. 6. Pensano, progettano e operano in modo sistemico. 7. Adottano una mentalità collaborativa. 8. Pensano in termini di equità intergenerazionale. 9. Hanno un approccio multi-stakeholder. 10. Sfidano lo status quo.
E si possono sottolineare due iniziative, strettamente collegate: B Lab, un’organizzazione globale senza scopo di lucro che si impegna a utilizzare il potere delle imprese per risolvere problemi sociali e ambientali, ed Ebc, Economia per il Bene Comune, un movimento simile, che cerca di trasformare l’economia sfidando il modello tradizionale di business basato sulla massimizzazione del profitto e sulla supremazia degli azionisti. Questi movimenti danno priorità all’impatto sociale e ambientale, alla responsabilità e alla trasparenza. L’iniziativa principale di B Lab è la certificazione B Corp per le società benefit, un rigoroso processo di valutazione delle prestazioni sociali e ambientali, della responsabilità e della trasparenza di un’azienda.
L’impresa “generativa” è possibile: questo libro dimostra che è anche indispensabile. Rigenerare, oltre la sostenibilità