Fanfani, Renzi e l’effetto tv

Trent’anni fa, tra la primavera e l’estate del 1987, si verificava un evento che potremmo definire eccezionale nella storia della Repubblica: un Governo formato da esponenti del partito di maggioranza, allora la Democrazia cristiana, che non ottiene il voto di fiducia del suo stesso partito. E’ stato questo il tema della mia risposta alla lettera pubblicata martedì 3 gennaio sul Sole 24 Ore. Una risposta che, per mancanza di spazio, non approfondiva il vero motivo per cui la Dc voleva andare alle elezioni non senza prima aver costretto Craxi a passare la mano.

In conclusione, la nota aggiuntiva.
Ecco prima la lettera:
Caro Fabi, l’ultima crisi politica mi ha lasciato qualche dubbio e perplessità sotto l’aspetto istituzionale. Posso capire le ragioni strettamente contingenti per cui Matteo Renzi si è dimesso poche ore dopo aver avuto un voto di fiducia del Parlamento. Mi chiedo tuttavia se, per ipotesi, il Governo successivo non avesse ottenuto la fiducia avrebbe potuto o dovuto ritornare in carica il Governo Renzi, che comunque la fiducia l’aveva avuta pochi giorni prima e che era rimasto in carica anche se solo per “il disbrigo degli affari correnti”, come affermato nel comunicato della presidenza della Repubblica? Ci sono precedenti di questo tipo nella storia politica italiana?
Olivio Torti
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E poi  la mia risposta
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Caro Torti, il passaggio di consegne da un Governo a un altro avviene nel momento del giuramento e nella contestuale firma dei decreti di nomina da parte del Presidente della Repubblica. Quindi così come non ci possono essere due Governi contemporaneamente in carica, non ci può essere alcun periodo breve o lungo senza un Governo. La formula “disbrigo degli affari correnti” non costituisce un obbligo formale, dato che non ha nessun riferimento a livello costituzionale, ma un semplice invito istituzionale a non approvare provvedimenti che eccedano quella che può essere considerata l’ordinaria amministrazione; resta il fatto che in casi di necessità e urgenza anche un governo dimissionario può varare decreti legge con efficacia immediata.
Quindi, tornando al caso concreto, il Governo Renzi è entrato nei libri di storia nel momento in cui è avvenuto il giuramento del suo successore, Paolo Gentiloni. Se quest’ultimo non avesse avuto la fiducia del Parlamento sarebbe comunque rimasto in carica rimettendo la decisione di tentare altre strade al Presidente della Repubblica.
Nella storia politica italiana particolarmente significativo è quanto avvenuto nel 1987. Dopo le dimissioni, il 3 marzo, del secondo governo Craxi, il presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, affida l’incarico di formare un nuovo Governo a Giulio Andreotti che dopo quindici giorni rinuncia, per l’opposizione dei socialisti che tra i democristiani avrebbero preferito Arnaldo Forlani. Cossiga a quel punto affida, con spirito palesemente provocatorio verso i suoi “amici” della Dc, un incarico esplorativo a Nilde Jotti, presidente della Camera ed esponente del Partito comunista. Le divisioni tra Dc e socialisti divengono a quel punto ancora più aspre e Cossiga decide di rinviare Craxi alle Camere, ma la Dc fa dimettere i propri ministri e a Craxi non resta che dimettersi di nuovo. Si parla quindi sempre più esplicitamente di elezioni anticipate. Cossiga affida quindi un incarico prima a Scalfaro, poi a Fanfani, soprattutto nella sua qualità di presidente del Senato. A fine aprile, costituito un Governo, composto da esponenti democristiani e da tecnici, Fanfani si presenta alla Camera per la  fiducia. Con l’esplicita volontà di provocare le elezioni anticipate la stessa Dc si astiene dal voto mentre i socialisti votano a sorpresa a favore. Il Governo  è bocciato con 131 sì contro 240 no e 193 astensioni. Fanfani sale al Quirinale per le dimissioni e il presidente Cossiga scioglie in Parlamento. E’ comunque Fanfani a gestire le elezioni che si svolgono il 14 giugno: la Dc ottiene un buon risultato con il 34% dei voti mentre il Pci, che nelle precedenti elezioni aveva avuto una forte crescita dopo la morte di Berlinguer, si ferma al 26%. Si può ricordare che per la prima volta si presenta la Lega che ottenne un seggio in entrambi i rami del Parlamento. Comunque la Democrazia cristiana si conferma l’asse centrale della politica e un suo esponente, Giovanni Goria, forma il 29 luglio il successivo Governo. Fanfani rimase quindi in carica, pur senza avere la fiducia del Parlamento, per più di cento giorni.
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E infine la nota aggiuntiva

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Perchè allora la Dc voleva un proprio presidente del Consiglio per gestire le elezioni anche se nel Governo Craxi era comunque un democristiano a tutto tondo come Oscar Luigi Scalfaro? Non c’è nulla di ufficiale, ma alcuni osservatori bene informati ricordano che allora una appuntamento importante era quello di “Tribuna politica” alla televisione. Ebbene la consuetudine era quella di dedicare una serata ad ogni partito politico in ordine di grandezza, ma l’ultima serata era riservata al presidente del Consiglio. Ebbene costringendo Craxi alle dimissioni e favorendo la formazione dl Governo Fanfani, la Dc si assicurava la presenza nelle due serate finali di Tribuna politica, prima con il segretario politico, Ciriaco De Mita e poi con Amintore Fanfani.