Il ruolo della formazione e la necessità di guardare alle scienze sociali senza pregiudizi o teorie astratte, come quelle che fanno risalire i problemi a complotti esterni: questi due elementi appaiono fondamentali nell’affrontare i temi dell’evoluzione politica e della partecipazione. E sono stati questi i temi di una lettera, pubblicata martedì 20 dicembre sul Sole 24 Ore con la mia risposta.
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Caro Fabi, grande sconcerto crea nel mondo l’avvento del populismo: dalla Brexit alla elezione di Trump, dalla crescita delle destre xenofobe o della protesta complottista. Ma perché le persone votano in questa direzione? Sembra esserci una correlazione tra crisi economica, perdita del lavoro e intolleranza.
Cosa si può fare per invertire questa tendenza? Forse anche la formazione, attività centrale nel successo dell’impresa, può contribuire ad un rilancio del nostro Paese. Occorre tornare a costruire mestieri, beni e anche servizi di alta qualità, con persone orgogliose del proprio lavoro e impegnate nel miglioramento continuo della loro professione. Come formatori ci accorgiamo quotidianamente di quanti rischi corrano le persone spostando il problema fuori di sé, attribuendolo a fattori esterni e non controllabili. La formazione, se pone l’accento sulla responsabilità individuale dell’apprendimento, come garanzia di adattamento al contesto che cambia, può fare molto per aiutare le persone a migliorare il proprio destino lavorativo.
Lorenzo De Grandi e Claudio Zamagni
Co fondatori Choralia
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Ed ecco la mia risposta
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Cari lettori, potrebbe sembrare scontato e doveroso spezzare una lancia a favore di una educazione prima, compito fondamentale della scuola, e di una formazione poi, progressivamente intrecciata con l’educazione fino a diventare elemento permanente all’interno del mondo del lavoro. E giustamente, come ricordate, una formazione alla responsabilità è particolarmente significativa in tempi come gli attuali in cui è molto forte il rischio di seguire le illusioni del populismo.
Così come è importante richiamare alla necessità dell’impegno di ciascuno ponendo nella giusta dimensione l’influenza di quella che viene sbrigativamente chiamata “la società”, una società ritenuta responsabile di tutte le malefatte, i condizionamenti, i complotti. In questa prospettiva appare interessante il percorso di difesa della libertà e della responsabilità individuale proposto da Dario Antiseri, tra i maggiori filosofi contemporanei, nel libro “Le ragioni della libertà nei protagonisti della Grande Vienna” (Ed. Rubbettino, pagg. 124, € 13). Antiseri attraverso il pensiero di Karl Popper, Ludwig von Mises, Friedrich von Hayek, Hans Kelsen, mette a fuoco i punti fondamentali della scuola austriaca e della metodologia delle scienze sociali, una disciplina quest’ultima da lui insegnata a lungo alla Luiss di Roma, e pone in primo piano i pregiudizi, i formalismi e i luoghi comuni. Per esempio si smonta proprio la mentalità che vede in ogni problema una cospirazione: “Il liberale – afferma Antiseri – è avverso alla teorica cospiratoria della società, stando alla quale tutti gli eventi sociali negativi sarebbero frutto di cospirazioni o congiure ordite da nemici o comunque da individui malvagi: la realtà è che possono esistere cause senza colpe e riuscite senza merito”. E questo perché bisogna sempre tenere conto delle “inevitabili conseguente inintenzionali di azioni umane intenzionali”. La società è fatta da individui ed è illusorio pensare di poter prevedere tutte le interazioni possibili e tutte le conseguenze delle scelte. E allora rimettere al centro gli individui e non l’organizzazione, le risorse umane e non le sovrastrutture, vuol dire fare un passo verso una società in cui l’impegno personale può avere un significato decisivo. Ed è per questo che la formazione, non solo per apprendere competenze, ma anche per condividere responsabilità, resta fondamentale.