Nella sua Storia dell'analisi economica uno dei grandi teorici dell'economia imprenditoriale, Joseph Schumpeter, spiegava come l'idea della produttività del capitale monetario «fu per la prima volta espressa da Sant'Antonino, il quale spiegava che sebbene il denaro circolante possa essere sterile, il capitale monetario non lo è, perché rappresenta una condizione necessaria per intraprendere affari».
Ma, ricorda Dario Antiseri, il domenicano arcivescovo fiorentino della prima metà del Quattrocento non faceva altro che riprendere nella sua Summa la rivalutazione della funzione del denaro allacciandosi alle idee di due francescani vissuti alla fine del Duecento, Giovanni Olivi e Alessandro di Alessandria.
In quegli anni erano in primo piano le dispute teologiche più che i trattati di economia, ma proprio partendo dal problema etico del giudizio sull'usura si venne consolidando una scuola di pensiero che può essere considerata come una delle prime e fondamentali analisi teoriche del capitalismo. E questo molti secoli prima non solo di Adam Smith e delle sue opere sull'economia di mercato, ma anche e soprattutto di Max Weber e delle sue ipotesi sulla decisiva influenza dell'etica protestante, e quindi della Riforma, sullo spirito del capitalismo.
Insieme all'esaltazione della povertà e della completa dipendenza da Dio, fu proprio la scuola francescana a delineare infatti non solo la validità, ma anche la necessità di un impiego del denaro in senso strumentale per produrre ulteriore ricchezza. Di fronte alla proibizione canonica dell'usura dettata dalla sostanziale illiceità di sfruttare il tempo, dato che il tempo non appartiene all'uomo, si consolidò una rivalutazione del capitale, ma a condizione che questo venga messo a frutto per dare vita a un processo produttivo.
In questa prospettiva, la scuola francescana – commenta Antiseri – pose «l'attenzione a valutare e ad esaminare positivamente alcuni di quei tratti della vita sociale che, statu nascenti allora, si sarebbero in seguito sviluppati nella grande pianta del capitalismo».
Un messaggio che appare, di questi tempi, di palese attualità. Proprio perché la crisi che sta sconvolgendo il sistema economico globale è nata da quella particolare forma d'usura che ha portato a un uso del denaro fine a se stesso e al diabolico tentativo di moltiplicare i soldi attraverso i soldi. Ed è significativo che sia l'etica francescana, oltre che ovviamente cattolica, a non demonizzare il capitale, anzi a considerarlo come un elemento fondamentale di quel libero mercato che «costringe all'utilizzo parsimonioso delle risorse e porta all'utilizzo più efficiente delle conoscenze necessariamente disperse tra milioni e milioni di uomini».
Alla radice c'è quindi il fatto che lo spirito originario del capitalismo ha alla sua radice la dimensione etica della persona in cui si coniugano libertà e responsabilità. Proprio quel "capitalismo responsabile" richiamato domenica 26 aprile sul Sole 24 Ore da Ralf Dahrendorf.
——————–
Dario Antiseri, "L'attualità del pensiero francescano", Ed. Rubbettino, pagg. 86, € 7
——–
Pubblicato il 30 aprile 2009 sul Sole 24 Ore