La Cina è un paese dalle dimensione di un continente, ha un miliardo e trecento milioni di abitanti, è governata da un regime autoritario e almeno formalmente comunista, ma soprattutto è diventata la grande protagonista dell’economia del terzo millennio. Con una crescita impetuosa dell’economia, una trasformazione profonda della società, una partecipazione ormai completa al sistema finanziaro internazionale. Anche se le dimensioni della ricchezza cinese sono ancora lontane da quelle americane o europee, c’è chi vede ormai il ventunesimo secolo come destinato ad essere prima o poi segnato da una nuova leadership globale, quella appunto di Pechino.
Nel libro "Il drago dai piedi di argilla", l’economista inglese Will Hutton, membro del consiglio accademico della London School of economics, svolge non solo un’analisi attenta dell’evoluzione del grande paese asiatico, ma mette anche in rilievo l’impegno e la responsabilità che spettano a quello che viene sommariamente chiamato l’Occidente. Il dominio della legge, l’autonomia del potere giudiziario, la libertà di stampa e di ricerca scientifica, la rappresentatività delle istituzioni democratiche e la separazione dei poteri sono tutti elementi che i paesi più sviluppati hanno ereditato su quell’insieme secolare di valori che è sfociato nell’Illuminismo.
Ma il tema di fondo sviluppato da Hutton sta nel fatto che a facilitare quella che potremmo chiamare l’evoluzione democratica cinese sarà la non sostenibilità di quel modello di sviluppo, un modello d sviluppo che se è stato determinante per far uscire il Paese dall’isolamento esterno e dalla stagnazione interna non può più conciliarsi con la modernità. Per questo Hutton ritiene che Pechino dovrà necessariamente accettare una contaminazione democratica se vorrà conquistare e consolidare un significativo ruolo di protagonista del mercato globale.
La tesi di Hutton è in fondo quella secondo cui esiste un rapporto causa/effetto tra la crescita economica e le istituzioni liberali, non solo tra il mercato e la democrazia, ma tra la capacità di crescita di un Paese e il grado di libertà dei propri cittadini. In questa prospettiva una spinta che abbia il proprio sostegno solo da parte della politica non può razionalmente reggere a lungo, come insegnano le esperienze dei regimi comunisti dell’Est.
Il compito dell’Occidente è allora quello, non solo di assecondare, ma soprattutto di sostenere, l’evoluzione cinese collegando l’apertura degli scambi ad una sempre maggiore partecipazione alle istituzioni internazionali e alla definizione delle regole comune: con un’ottica tuttavia ben più ambiziosa, quella di realizzare quella dinamica della modernità che è capace di fare una sintesi tra gli interessi e i valori, tra la libertà e la solidarietà, tra la crescita economica e la dignità umana. Nei rapporti tra Cina e Occidente, secondo Hutton, questa strada non è solo possibile, è indispensabile e anche le prossime Olimpiadi possono essere un passo in questa direzione.
Will Hutton, "Il drago dai piedi d’argilla", ed.Fazi, pag. 360, € 21,50