Quando l’economia parte dal basso

Ogni tanto è opportuno fare ordine tra i libri. Può capitare di ritrovare qualcosa di interessante, anche se pubblicato qualche mese o qualche anno fa. Così, per esempio, mi sembra opportuno parlare di un  libro uscito lo scorso anno, un libro che cerca soprattutto di far capire che si possono superare gli schemi tradizionali, un po’ pigri, con cui si guarda all’economia.

Per fortuna sembra ormai tramontata l’epoca in cui andava di moda parlare di terza via, di nuovo modello di sviluppo, di compromesso tra il socialismo e il liberalismo. Per fortuna. Perché tutte queste formule nascondevano in fondo un’ambizione, quella che le dinamiche economiche potessero essere controllate dall’alto non solo e non tanto attraverso regole che fossero garanzia di libertà, quanto attraverso vincoli e imposizioni destinate a guidare le scelte delle persone e delle imprese.

Orami nessuno discute più sulla necessità che anche la società più liberale ha bisogno di regole per garantire che non si affermi solo la libertà del più forte, ma quando le regole diventano statalismo o dirigismo il rischio di restringere o schiacciare anche gli stimoli alla crescita, oltre che la libertà, è sempre molto forte.

In questo particolare momento economico, con i pesanti effetti sociali della crisi finanziaria e con le disuguaglianze, ma anche con le opportunità della globalizzazione, appare particolarmente importante allora riuscire a cambiare la prospettiva con cui si guardano i problemi economici e soprattutto con cui si elaborano i possibili strumenti di intervento.

Ecco allora il libro. Si tratta di “Wikieconomia” di Leonardo Becchetti (Ed. Il Mulino, pagg. 196, € 15), in cui si analizzano in maniera sistematica i passi da compiere per restituire l’economia alle persone, per costruire “dal basso” un nuovi sistema di rapporti sociali, per sgombrare il campo dalla possibilità di nuove crisi finanziarie.

Becchetti, docente di economia politica a Roma Tor Vergata e tra i fondatori della scuola di economia civile, spiega come il vero punto di svolta dovrebbe essere quello del “voto con il portafoglio” a cui si può aggiungere il “voto con il mouse” perche dobbiamo utilizzare “il potere enorme che abbiamo (ma che utilizziamo ancora solo in piccolissima parte) di influenzare il mercato premiando le imprese che sono all’avanguardia nella sostenibilità sociale e ambientale. Potere che dovremmo usare per il nostro bene (con autointeresse lungimirante) per evitare che sul mercato prevalgano scelte ambientali e sociali dissennate che ricadono sui nostri simili e alla fine, come un boomerang, anche su noi stessi”.

Non si tratta quindi di rinnegare il mercato, ma di utilizzarlo fino in fondo come strumento di scelta e partecipazione, non si tratta di imporre nuovi vincoli, ma di permettere a un numero sempre più grande di persone di conoscere la realtà in modo da operare anche nelle piccole scelte perché si affermi una logica di bene comune.

“Nella globalizzazione – afferma Becchetti – stiamo vivendo una delicata transizione nella quale le regole e le istituzioni globali non sono arrivate; il sonno dei regolatori produce dei mostri e il conflitto tra imprese globali e regole nazionali genera sviluppo economico ma anche insostenibilità ambientale, livelli di povertà inaccettabili, crisi finanziarie, diseguaglianze imponenti e il gigantesco dilemma di una ricchezza senza nazioni e di nazioni senza ricchezza. Ma nulla si decide solo sulle nostre teste senza che noi possiamo intervenire per cambiarlo. Abbiamo in tasca le chiavi delle nostre catene e non ce ne siamo ancora accorti. Esiste un paradigma alternativo (copernicano) da sostituire a quello ormai obsoleto che ha fatto il suo tempo (tolemaico) e che non è più in grado di farci progredire dal punto in cui siamo arrivati”.

Ecco allora la necessità di una convergenza su tre livelli di intervento: 1) i cittadini-consumatori, che devono sentirsi in dovere di premiare i produttori meritevoli; 2) le aziende che più che massimizzare i profitti nel breve termine devono guardare alla sostenibilità e alla dimensione sociale; 3) gli Stati sovrani che devono limitare i poteri della finanza speculativa separando, per esempio, banche commerciali e banche d’investimento e imponendo quella Tobin tax che potrebbe eliminare le distorsioni provocate dalle transazioni ad alta frequenza gestite unicamente dai computer.

Il libro ha per titolo Wikieconomia perché, spiega Becchetti, “così come Wikipedia è l’esempio lampante di come la rete ha stimolato l’estrazione di operosità dagli immensi giacimenti di gratuità umana, con una comunità di volontari che ha edificato la piramide di un’enciclopedia online, così la wikieconomia potrebbe essere la grande opera del futuro, la costruzione di un’economia al servizio del bene comune e dell’interesse di tutti”.