Il sogno di Keynes per una moneta unica mondiale

Sens La moneta unica mondiale appare in questo momento un po’ meno che un’utopia e un po’ più di una speranza. L’ipotesi lanciata da John Maynard Keynes nel 1944 come completamento degli accordi di Bretton Woods prevedeva una unità di conto, denominata Bancor, con un valore determinato da un paniere di 30 materie prime, ed era profeticamente ambiziosa, ma insieme platealmente in contrasto con la crescente sovranità del dollaro negli scambi internazionali.

Ma se allora non c’erano certo le condizioni per una rivoluzione così profonda quel seme non si è seccato, ma ha continuato ad essere coltivato e ammirato in attesa di tempi migliori. Lo ha ricordato Tommaso Padoa-Schioppa intervenendo sul Sole 24 Ore (10 giugno) nell’ambito delle “Lezioni per il futuro” sottolineando come questa ipotesi, sostenuta dalla Cina, è “un progetto su cui è urgente lavorare e pensare a fondo”.  E l’idea è rilanciata dallo stesso Governatore della Banca centrale europea, in un intervento nell’ultimo libro di Jacques Attali (“Le sens de choses”, una panoramica dei grandi temi economici e sociali), dove si sottolinea come “siamo ancora molto lontani da una moneta unica mondiale, ma viviamo in un periodo di regionalizzazione molto intensa delle monete. L’euro ne è ovviamente l’esempio più forte, ma registriamo delle ambizioni parallele in molte altre aree del mondo: nel Medio Oriente, in Asia, in Africa”.

L’obiettivo della moneta unica mondiale rimane lo stesso, ma la strada per raggiungerlo appare ora profondamente diversa da quella sostenuta non solo da Keynes, ma anche in anni più recenti da altri autorevoli economisti come James Tobin e Robert A. Mundell, con la proposta di creare un organismo sovranazionale con compiti di coordinamento e garanzia.  In particolare Mundell ha più volte sottolineato l’opportunità di affidare al Fmi la funzione di promuovere la stabilità e l’armonia degli scambi internazionali anche se, dopo aver assunto una consulenza come consigliere economico del governo cinese, ha espresso il suo sostegno alla creazione di un blocco valutario asiatico capace di scendere a patti e confrontarsi ad armi pari con dollaro ed euro. E proprio la Cina, come detto, ha assunto negli ultimi mesi una posizione drasticamente favorevole ad una rapida evoluzione, anche a livello di regoli e di autorità globali, degli equilibri valutari internazionali. Un dibattito aperto quindi, ma anche una prova di forza di fronte alla debolezza del dollaro. Un obiettivo ancora più importante dopo la crisi degli ultimi mesi. Perché, come commenta Attali, “dobbiamo andare senza dubbi verso una moneta unica globale, condizione necessaria di una governance mondiale lungo la stessa linea di quanto avvenuto in Europa. Se questo non accadrà si moltiplicheranno le monete emesse dai privati, monete legali, illegali o criminali”. ,

 Ps: Il libro di Attali ha una particolarità: è il primo “iperlibro”. Realizzato in collaborazione con Orange contiene al suo interno un sistema di 83 codici a barra leggibili attraverso telefoni cellulari che permettono di accedere gratuitamente a contenuti extra-testuali: testi, suoni, immagini

Jacques Attali, “Le sens de choses”, Ed. Laffont, pag. 320, € 21

 

Pubblicato sul Sole 24 Ore del 15 ottobre

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  • aussie |

    Avrebbe la finalità di impedire ai singoli stati politiche monetarie autonome.
    Un altro tassello da parte delle grandi organizzazioni monetarie nell’ intento di sottrarre ai singoli paesi la propia sovranità monetaria, accentrandola in una unica guida transnazionale.

  • Andrea Lilli |

    Credo che sia solo un’ipotesi dottrinale. Perchè una sola moneta comporterebbe la perdita di negoziazione delle super potenze. In primis gli USA. Sarebbe sufficiente invece a pensare una politica fiscale comune in Europa.

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