Il liberismo e i suoi eccessi

Molinari C’è qualcosa di volutamente e intelligentemente provocatorio nel ripescare nei polverosi cassetti della storia economica un’opera come quella di Gustave de Molinari, uno dei più originali  (ma nello stesso tempo pressoché dimenticato) tra gli economisti francesi del XIX secolo. “Le serate di rue Saint-Lazare, dialoghi sulle leggi economiche e difesa della proprietà”, la cui pubblicazione è frutto della collaborazione tra l’Istituto Bruno Leoni e Liberilibri, si presenta infatti come un accattivante manuale di economia politica che nel confronto tra un conservatore, un socialista e un economista fa emergere un percorso divulgativo sui nodi di fondo dell’economia e della società.

De Molinari difende puntigliosamente, attraverso le parole dell’economista, le proprie idee liberiste, idee che appartengono all’area più radicale, dove più forte è l’esaltazione della responsabilità del singolo individuo e dove un posto del tutto marginale viene riservato alle istituzioni pubbliche o collettive. C’è tuttavia in questa prospettiva una disarmante fiducia nel mercato e nel progresso, c’è una serena sicurezza sul fatto che l’interesse dei singoli si possa automaticamente trasformare in un’armoniosa esaltazione degli interessi collettivi. “Il miglioramento della sorte delle classi lavoratrici – sottolinea De Molinari – risiede nel puro e semplice affrancamento della proprietà. Il principi della proprietà funge da base all’organizzazione naturale della società e soltanto il completo e assoluto affrancamento della proprietà può salvare la società, realizzando tutte le nobili e generose speranze degli amici della giustizia e dell’umanità”.

L’economista francese vede l’applicazione dei princìpi liberisti, princìpi che nella sua visione potremmo chiamare anzi libertari, con un disarmante semplicismo messianico e con un’applicazione del tutto astratta e teorica delle magnifiche opportunità offerte dalla mano invisibile del mercato. Un’impostazione, come sottolinea Carlo Lottieri, “ingenua ed ottimista” perché nel mercato “gli interessi possono in larga misura conciliarsi, ma mai coincidere perfettamente”. Ma nonostante un’impostazione orgogliosamente massimalista l’ostinazione liberista di De Molinari diventa un richiamo estremamente attuale ai rischi dell’allargamento della mano pubblica attraverso gli interventi diretti e una regolazione sempre più pressante.

Senza dimenticare che le tesi di De Molinari sono certamente servite a concimare il terreno su cui nel corso del Novecento si è poi allargato il dibattito sui sistemi economici. Con in primo piano quella scuola austriaca che con Ludwig von Mises ha  messo in luce con estrema chiarezza l’irragionevole ambizione del socialismo di indirizzare per decreto la società verso il bene collettivo.

Certo, molta acqua è passata sotto i ponti da quando De Molinari intesseva gli elogi del massimalismo libertario, ma temi come quelli della proprietà intellettuale, della libertà di associazione, della centralità della legalità e della giustizia sono ancora oggi in primo piano e meritano di essere approfonditi proprio in una prospettiva liberale.

 Gustave de Molinari, “Le serate di rue Saint-Lazare”, Ed. Liberilibri, pagg. 410, € 22

Pubblicato il 13 agosto 2009 sul Sole 24 Ore

  • Lorenzo B. |

    Lei fa bene a ricordare Ludwig Von Mises. Il contributo di questo economista va però oltre il dibattito socialismo/capitalismo che oggi potrebbe apparire, almeno nella forma, datato e inutile. La teoria dell’espansione dei mezzi fiduciari e quindi dell’alternanza delle fasi di boom e di recessione resta il contributo più attuale di questo economista e della sua scuola: un contributo in grado di spiegare prima di tutto perchè la scienza economica “ortodossa”, quella della sintesi neoclassica-keynesiana, è ancora al punto di partenza e perchè si dimostra semplicemente inutile di fronte ai problemi di oggi.
    In fine un’ultima riflessione: chi sono i massimalisti, gli estremisti? Coloro che credono nelle azioni dei vari individui coordinate dall’incontro nel mercato, o piuttosto coloro che credono di poter imporre un’unica visione a tutta la società e quindi affidare la moneta, il tasso d’interesse, la politica economica a poche persone che per quanto competenti non sono state in grado di evitare tutta la sfilza di crisi economiche, valutarie, inflazionistiche dell’era moderna?

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